– di Martina Rossato –
Jazz, funk e tre amici che amano la musica: questo è il duopotrio. Francesca, Alessandro e Gianluca, trio torinese jazz/funk (o junk, come amano definirsi), hanno recentemente lanciato il loro primo singolo, prodotto da Luca Vergano e intitolato TorinoAcida, un racconto della città sabauda vista attraverso gli occhi di una studentessa fuorisede, di cui è stato rilasciato un videoclip diretto da Francesco Taverna.
Come vi siete conosciuti e perché avete pensato che fosse d’uopo diventare un trio?
Francesca | Ci siamo conosciuti suonando per Fabrizio Fusaro, un cantautore.
Alessandro | Nel frattempo abbiamo cominciato a suonare anche tra di noi, anche perché suonare per un cantautore significa trovarsi una volta ogni tanto, di solito si limitano a chitarra e voce. Io e Gianluca facevamo già parte anche di un altro gruppo, poi ci è capitato di sentire le canzoni di Francesca, tra cui anche TorinoAcida; ci sono piaciute molto e da lì è nata l’idea di suonare cose nostre, inizialmente per racimolare qualche soldino – cosa che è fallita [ride, ndr].
Quindi è Francesca a scrivere le canzoni?
Alessandro | I singoli che abbiamo pubblicato finora sì, sono suoi.
Francesca | Sì, sono i primi pezzi che ho scritto. TorinoAcida è stato proprio il primo.
Alessandro | La prima canzone che ci ha fatto pensare di suonare insieme è un pezzo jazz, tra i primi che ha scritto Francesca. L’abbiamo messo sulla nostra pagina Instagram. Adesso però scriviamo un po’ tutti.
Prima del duopotrio avete suonato generi diversi dal jazz in altri gruppi? Hanno influenzato la vostra musica attuale?
Francesca | Io ho sempre studiato chitarra jazz standard e ho sempre ascoltato jazz. Poi dal jazz ho spaziato.
Alessandro | Poi suoniamo con Fusaro e lui è molto pop; questo genere ci ha un po’ condizionati.
Gianluca | Anche io arrivo dal jazz, che già unisce vari generi e li rende omogenei. Poi io e Alessandro suonavamo in una band folk. Possiamo dire di essere amanti della musica a tutto tondo!
Avete incontrato delle difficoltà nel suonare insieme o è stato subito gruppo?
Gianluca | Siamo sempre andati d’accordo, perché ci ascoltiamo molto a vicenda. Penso sia fondamentale, anche nell’arrangiamento dei brani. Molti musicisti hanno la brutta abitudine di pensare: “Lo strumento è mio e nessuno mi dica come devo suonarlo: lo suono io e lo so suonare io”. Ecco, cerchiamo di evitare cose di questo tipo. Una cosa molto favorevole quando si suona insieme, invece, è proprio sapersi ascoltare.
Francesca | Sì, siamo tutt’e tre persone a cui piace suonare in generale, che sia tra di noi o con altri. Dove ci metti con uno strumento noi andiamo dietro alla musica. In più c’è la componente dell’amicizia: siamo amici, ci troviamo bene insieme e questo aiuta l’armonia generale.
Alessandro | Penso che siamo stati molto fortunati. Quando abbiamo iniziato a suonare insieme ci è piaciuto da subito quello che facevamo. Probabilmente abbiamo dei caratteri compatibili, non lo so. Io credo che a tutt’e tre piaccia dare la giusta importanza agli altri ed è anche uno dei motivi per cui la grafica di copertina dei tre singoli che pubblicheremo sarà una foto di ognuno di noi singolarmente. C’è la faccia di Francesca per TorinoAcida, ci sarà quella di Gianluca per Pioverà, che uscirà tra poco, e poi ci sarà la mia nel terzo singolo. Non esiste un frontman. Anche se poi è Francesca quella che canta ci piace l’idea di fare le cose insieme, perché ci divertiamo, ecco.
Avere una passione forte, come mi sembra che sia la vostra, sicuramente fa tanto; com’è nata questa passione?
Alessandro | Io in realtà suono da quattro anni, circa. Ho sempre suonicchiato la chitarra, fin da ragazzino, però ho ancora in mente un episodio successo alle medie… La professoressa ci aveva dato una scheda con un test di orientamento per la scuola superiore e, tra le altre, una delle domande era la classica: “Cosa vuoi fare da grande?”. Io scrissi “musicista/cantautore”; la professoressa mi prese da parte e mi rimproverò, dicendomi che si trattava di un test serio, che non potevo rispondere così. Ci rimasi malissimo. Da lì avevo proprio bloccato qualsiasi intenzione nei confronti della musica. Quindi ho fatto altro, poi ho conosciuto questa brutta gente qui e ho iniziato a suonare veramente. Ho cominciato con la batteria, che prima cercavo di evitare perché la suonava già mio fratello e avevo sempre pensato fosse troppo scontato suonare il suo stesso strumento…
Gianluca | Io ho iniziato a suonare verso i quindici anni, nell’ambiente del Canavese. C’era un giro di rockers: suonavano tutti rock e metal. Io ero entrato in un gruppo metal con un mio amico e nel giro di un anno abbiamo iniziato a fare concerti. Poi ho cambiato genere, ma da lì ho sempre suonato tanto e non ho mai smesso.
Francesca | Io ho iniziato a suonare a dodici/tredici anni. Con le mie amiche volevamo mettere su un gruppo, senza un motivo vero. L’idea era quella di creare un gruppo “che fa figo”. Quindi ci siamo dette: “Okay, tu suoni la tastiera, tu la batteria, tu canti”. A me è toccata la chitarra e ho continuato a suonare la chitarra.
È tristissimo il racconto di Alessandro sulla professoressa! Come se quella del musicista o del cantautore non potesse essere una professione “seria”… La figura dell’artista è presa poco seriamente, in generale?
Alessandro | Secondo me dipende tanto dai posti. In Italia ci si basa tanto sul successo. Cioè, se la musica ti porta dei risultati notevoli allora la comunità accetta il fatto che tu sia un artista o un musicista, altrimenti è difficile che la cosa venga accettata.
Gianluca | Solo che il successo che devi avere da artista, per essere classificato come tale, deve soddisfare standard molto più alti del successo che devi avere da impiegato per essere classificato come impiegato. Se hai scritto un disco di platino allora sei un artista. Altrimenti bisogna entrare nell’ottica del “ma fai anche altro o riesci a vivere così?”.
Alessandro | Ultimamente stavo riflettendo su questa cosa e sono arrivato a pensare che quasi ci sto bene in questo non-riconoscimento da parte della comunità. Mi viene in mente Van Gogh: quando è morto tutti pensavo fosse pazzo; oppure Mozart, che è morto nella miseria. Poi va be’, noi non siamo nessuno, però nel nostro piccolo anche noi stiamo contribuendo a portare avanti la musica e l’arte, come se fossero una piccola di torcia, di generazione in generazione, a prescindere da quello che succede. Magari noi tre faremo questi tre singoli e poi non ci sentirai mai più nominare, però chissà, magari qualcuno, tra vent’anni, ci riascolterà. Quindi posso dire di stare quasi bene in quest’essere considerato “male” perché se continuo a farlo nonostante tutto vuol dire che è una passione vera.
Nel vostro singolo parlate di Torino, qual è il vostro rapporto con la città?
Francesca | Il mio è un rapporto di amore e odio. Un po’ mi piace, è una città molto bella. Quando mi sono trasferita qui mi sembrava impensabile poter aspettare l’autobus ai Giardini Reali, un posto bellissimo, o fare cose quotidiane, come frequentare l’università, in posti così belli. Però c’è anche una parte di odio, nel senso che è una grande città e come tale ha i suoi limiti. È facile sentirsi soli e un po’ persi.
Alessandro | Io e Gianluca siamo due provinciali: Settimo Torinese è il fratello minore di Torino. Si sa, il fratello minore è un po’ geloso e un po’ incazzato col fratello maggiore. Tra l’altro io ho un po’ la fobia della grande città. Mi ricordo di aver vissuto come un trauma la prima volta che da neopatentato ho visto il Rondò della Forca. Non avevo idea di cosa fare. Però va be’, non lo ammetterò mai, ma a me Torino piace, poi adesso che ci vivo mi ci sto anche abituando.