Qualcuno lo chiama giustamente dream pop, qualcun altro invece inneggia alla nuova New-Wave digitale di questa scena indie di oggi. Di certo le citazioni di stile sono tante, da Garbo ai Radiohead passando per le visioni non prevedibili di Bjork (con le dovute distanze e senza addentrarci troppo in distorsioni sonore). Ma a noi piace vedere “Dream On”, questo nuovo disco di AGA, al secolo Alessandro Antolini, come una liturgica disamina del reale dentro suoni sospesi, certamente, ma anche molto figli della scena pop internazionale (per quanto le liriche italiane vincono davvero su ogni cosa riportando ai giorni nostri e soprattutto dentro le nostre abitudini l’ascolto). Un lavoro a cui AGA pare aver dedicato ampia parte del suo tempo moderno, del suo attuale stato di pensatore e di una sua personale filosofia di vita. Un disco di filosofia di vita… ecco come ci piace vedere questo pop digitale, sospeso e distopico, firmato da AGA.
Bentornato. Come promesso siamo tornati anche noi sul tema, su quello che stava arrivando. Ora è presente. Un nuovo disco che, per come l’ho vissuto io, è fatto più di domande che di risposte. Vero secondo te?
Grazie, il piacere tutto mio. Nel disco ci sono domande che si fondono con la realtà, ci sono risposte che rimangono sogni da realizzare ed infine c’è un quotidiano tutto da vivere. La realtà, quando è presente nelle liriche, mi pone in una dimensione che, miscelata col sogno, diventa appagante. Le risposte si possono evincere dall’ascolto delle parole miscelate al suono. Quando compongo creo una sospensione che si risolve nella chiusura del brano.
“Dream On” è anche un monito ad “accendere” o tener svegli i sogni. Sempre secondo la mia chiave di lettura. La realtà è da evitare?
L’onirico è un motore che mi permette di capire cosa voglio realizzare. Mi adatto alla realtà prefissandomi l’obiettivo di realizzare il sogno. Non fuggo dal quotidiano, anche se avverso ma, nelle mie composizioni, accetto e vado avanti adattandomi. Spero sia l’ascoltatore a darmi conferma del mio obiettivo.
Evasione in segno di fuga vigliacca oppure distanziamento in senso di difesa? Dalla realtà intendo.
Non è evasione non è distanziamento ma un momento di riflessione con se stessi miscelata alla voglia di credere in ciò che si fa senza abbattersi. In “Questa non è” nel ritornello ho usato la parola soli come grido di coraggio puntando il dito contro e a favore di me stesso. Il linguaggio sonoro e le parole del testo, sono sognanti e contemporaneamente coraggiose. Il mettermi continuamente in discussione nel disco è la forza che dà il via alla mia crescita.
Suono digitale che però mi aspettavo meno “pop” visto l’anticipazione del singolo “Questa non è”. Mi sarei aspettato un disco decisamente meno “reale”. Cosa mi dici?
Gli ascolti come la vita mi fanno avere più visioni, alle volte più dense e alle volte più dilatate. Non rimango affascinato da un singolo brano, da un genere musicale, da un personaggio importante, ogni volta che compongo ritrovo tutti questi ascolti da me filtrati e personalizzati. Il “pop” è una parola relativa senza una codificazione di genere specifico ed io mi sono attenuto a questo. “Dream On” è reale nei contenuti, sognante nelle dimensioni.
E in chiusura ci resta inevitabile chiederti dell’ultimo video che troviamo in rete. Citazione dei Radiohead di “Daydreaming”?
Da lì è partito tutto, per la tensione, per la dimensione, per il cammino senza fine, per la bellezza di quel video. Poi ho cercato, insieme al regista Enrico Zavalloni di portare alla luce la mia quotidianità, i miei habitat, i miei modi, in maniera volutamente molto più semplice.