– di Michela Moramarco –
Alberto Lombardi, chitarrista e cantautore italiano, ha da poco pubblicato il singolo Rich, secondo estratto dopo il brano Start Again dall’album Home. Il brano è stato prodotto da Bob Clearmountain, nonché il fonico di artisti come Bruce Springsteen e i Rolling Stones. Rich è un brano che indaga sul significato più profondo della ricchezza, intesa non come abbondanza di beni materiali, bensì come bagaglio di consapevolezze ed esperienze edificanti nel corso dell’esistenza. In termini di sonorità si percepisce una voce potente, il groove che permea l’intero brano e la tecnica cristallina sia nei riff di chitarra che nella scelta dei suoni.
Ne abbiamo parlato con Alberto Lombardi.
Il tuo nuovo singolo ha come tema la ricchezza, dal tuo punto di vista. Cosa vuoi esprimere?
In realtà ho tratto ispirazione da una bellissima intervista a Bob Marley, in cui lui in poche parole riassumeva quello che volevo esprimere nel testo. Le sue parole rispondevano ad un intervistatore inglese che gli chiese se lui fosse ricco di possedimenti o soldi in banca. Lui rispose che a suo parere quello che davvero rende ricchi è la vita stessa. Ecco, il senso del brano è un po’ questo.
Non mancano i virtuosismi. È stato difficile riproporre sonorità vintage senza risultare magari “troppo vintage”?
Il vintage è una grande moda in realtà. L’approccio che adotto io è invece dettato da una semplice passione legata alla musica degli anni ’70 e un po’ degli anni ’80, quindi per me viene molto naturale. È stato facile creare il brano, più difficile invece risulta collocarlo in uno scenario in cui prevalgono sonorità trap, rap e indie. Chi fa musica in gruppo potrebbe essere visto un po’ come un vecchietto. Però va be’.
Canti in inglese. Hai mai pensato a che pubblico ti rivolgi?
In realtà oltre a fare il cantautore sono un chitarrista “puro” e applico il fingerstyle. Questa tecnica mi porta a girare un po’ il mondo e di conseguenza le persone che mi seguono sono sparse. In passato facevo musica coi testi in italiano, ma mi è sembrato opportuno scegliere per una transizione in inglese per coinvolgere tutte le persone che negli anni hanno cominciato a seguirmi.
Com’è collaborare con Bob Clearmountain?
Lui è una leggenda e come altre leggende con cui ho avuto la fortuna di poter collaborare nella mia vita, è una persona ordinaria con la quale è difficile entrare in contatto. Ho dovuto superare una serie di scrutini prima di poter accedere ad una collaborazione con lui. Persone come lui sono assolutamente “normali”, ma hanno scritto la storia del rock. Lui ha missato brani come Born in the USA di Springsteen, Miss You dei Rolling Stones. Ha un grandissimo bagaglio di esperienza, impiegato però con naturalezza. Personalmente sono felicissimo del risultato.
Sei un eccellente chitarrista. Cosa diresti ad un giovane che vorrebbe vedere la musica come professione?
Io ho iniziato suonando con altri artisti, ho superato i quarant’anni ma iniziare oggi è molto più difficile. Ci sono i social per mettersi in mostra, ma accedere al circuito professionale è complicato, le opportunità sono di meno, essendo la musica ormai molto virtuale. Il consiglio è quello di scegliere la musica solo se è una passione travolgente e se la vita dà dei segnali incoraggianti. Sui piatti della bilancia bisogna mettere passione e concretezza.
Mi racconti un aneddoto della tua carriera, un incontro, un concerto…?
Dunque, qualche anno fa aprivo i concerti di Renato Zero assieme a Daniele Groff. In quel tour il backliner, nonché una sorta di supervisore degli strumenti, era stato il backliner di Massimo Riva e di Vasco Rossi. Mi raccontò che Massimo Riva era abituato a lanciargli la chitarra a fine concerto, lui l’afferrava puntualmente ed era diventato quasi un rituale. Ad una delle serate del tour, credo a San Siro, pensai di fare la stessa cosa: uscendo dal palco, gli lanciai la chitarra acustica. Lui stava parlando a telefono e io non me n’ero accorto. La cosa stupenda è che ha gettato il telefono tempestivamente per afferrare la chitarra. Poi mi ha maledetto. Per me è un bel ricordo.
Dove ti vedi fra un anno?
Bella domanda! Prima della pandemia ho finalmente ottenuto il visto per lavorare negli Stati Uniti. Non è stato per niente semplice, ma ho fatto qualche data in America. Quindi fra un anno vorrei vedermi su un palco, nella dimensione live e in Italia e negli Stati Uniti.