– di Benedetta Minoliti –
Dal 22 febbraio scorso il mondo della musica, e dello spettacolo più in generale, si è prima dovuto completamente fermare, per poi rivedere nel corso di questi mesi alcune modalità di fruizione che prima sembravano scontate. Non più di 1000 persone all’aperto e non oltre le 200 in caso di eventi al chiuso. E ancora: mascherine, distanziamento sociale e misurazione della temperatura.
Piccoli passi verso un ritorno “alla normalità”, che se in molti contesti hanno fatto la differenza, nel caso del settore spettacolo, gravemente colpito dalla crisi prodotta dalla pandemia, non sono abbastanza.
Poco dopo la fine del lockdown, che ha tenuto l’Italia in casa per due mesi, ancora moltissimi operatori del settore non avevano ricevuto gli aiuti promessi dallo Stato. Ma non solo. Le misure atte a contrastare la crisi proposte dal Governo non sono abbastanza per sorreggere e aiutare il settore.
Va sempre ricordato che il settore culturale produce il 16% del PIL del nostro paese. Un dato importantissimo e che non può non essere preso in considerazione.
Così, a maggio scorso, è nato il coordinamento “La Musica che Gira”, che ha messo sul piatto una serie di proposte volte ad aiutare il settore. Il coordinamento, supportato da lavoratori e non solo, ha lanciato un hashtag, #iolavoroconlamusica, recepito da tantissimi e che è poi diventato il “motto” di quella che è stata la “Festa della Musica”, lo scorso 21 giugno.
La manifestazione, che per diversi anni ha animato le strade del capoluogo Lombardo con iniziative, incontri ed eventi, quest’anno è diventata il simbolo di un nuovo mondo “senza musica”.
Tantissimi artisti, da Levante a Diodato, da Manuel Agnelli a Lodo Guenzi, si sono riuniti in piazza Duomo a Milano, vestiti di nero, distanziati e con le mascherine, per una “protesta” silenziosa. Nonostante il silenzio, la manifestazione ha avuto una risonanza enorme, grazie anche ai social e al supporto della stampa.
Gli artisti, in nome di tutto il settore, hanno chiesto di essere ascoltati e supportati. Qualcosa sì è mossa, ma evidentemente non abbastanza. Nonostante la ripresa dei concerti e di alcuni festival in giro per il Paese, ancora tantissimi addetti del settore si ritrovano a dover fronteggiare la crisi da soli, senza alcun aiuto da parte delle autorità.
Proprio per questo motivo, lo scorso 12 ottobre, più di 1.300 addetti del settore spettacolo sono scesi in piazza Duomo a Milano per far sentire la loro voce. Anche in questa occasione, a differenza di altre, distanziamento sociale e mascherine sono state la priorità di tutti.
La manifestazione “Bauli in piazza” ha così portato nel cuore del capoluogo meneghino 500 bauli, diventati tra i simboli di questo mondo in crisi. Tra questi, un baule rosso, al centro: “In rappresentanza dei colleghi che non ci sono più”.
“Un unico settore, un unico futuro” è il grido d’allarme rivolto al Governo da tutti gli operatori, che chiedono nuove regole che favoriscano davvero la ripartenza degli eventi.
“Bauli in Piazza chiede nuove regole per l’organizzazione degli eventi che rendano possibile la sostenibilità economica. Bauli in Piazza nasce come un movimento orizzontale. Lo è e lo sarà finché resterà attivo. Abbiamo aperto a tutti e tutti hanno risposto nell’interesse della sopravvivenza del nostro settore”.
Anche in questa occasione tantissimi artisti, grandi e piccoli, hanno deciso di sostenere l’iniziativa. Tra i tanti, ha dare una proposta concreta è stato Fedez. Il rapper, con una serie di stories su Instagram, ha proposto di creare un fondo a sostegno di tutti i lavorati dello spettacolo.
“Gli artisti di un certo calibro che fanno i palazzetti hanno nel loro contratto una cosa che viene chiamata ‘anticipo minimo garantito’, quindi tutti gli artisti che hanno rimandato i loro tour in qualche modo hanno percepito delle somme di denaro importanti” ha spiegato l’artista.
“Io stesso che devo discutere il mio contratto di booking metto a disposizione il 100% del mio anticipo dai tour per istituire un fondo per aiutare le maestranze della musica italiana. Se tutti gli artisti mettessero da parte il loro anticipo porteremmo un po’ meno parole e un po’ più concretezza”. Il rapper ha lanciato così una proposta importante, ma ancora non sappiamo se tutto questo si concretizzerà e se l’appello sarà effettivamente recepito dai suoi colleghi.
A supportare una ripresa possibile del mondo dello spettacolo, appena un giorno prima di “Bauli in piazza”, l’11 ottobre scorso, è stata pubblicata l’indagine elaborata da AGIS – Associazione Generale dello Spettacolo. Da esse è emerso che, nel periodo dal 15 giugno ad inizio ottobre, su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli monitorati tra lirica, prosa, danza e concerti, con una media di 130 presenze ad evento, è stato registrato un solo caso di Covid-19.
La percentuale, quasi pari allo zero e quindi totalmente irrilevante, è servita a testimoniare quanto i luoghi che ospitano gli spettacoli siano assolutamente sicuri. Una sicurezza che non fa bene solo al pubblico, che speriamo che continui ad animare, anche nei mesi che arrivano, spettacoli di tutti i tipi, ma anche e soprattutto al settore.
Speriamo che questi dati, una fotografia oggettiva di come vengano rispettate le regole in questo settore, arrivino anche a chi di dovere e che nuove regole e proposte vengano attuate per far ripartire, in modo definitivo, un settore importantissimo per il nostro Paese.