La cantautrice ventenne Candela ha pubblicato lo scorso 22 aprile il suo esordio discografico Ananke. Autoprodotto e della durata di poco meno di mezz’ora, è un disco intimo, che fotografa senza filtri il complesso mondo interiore dell’autrice. Candela ha un canale YouTube su cui pubblica soprattutto cover; Ananke rappresenta il suo primo progetto solista e cantautorale.
Il termine greco “ananke” (ἀνάγκη) è una parola antichissima, che rivestiva un ruolo importante all’interno della cultura e della mitologia dell’antica Grecia: indica la necessità, per estensione il fato, e da concetto astratto diventò nel tempo una dea dura e inflessibile, ripresa da Platone che sostiene sia la madre delle Moire, divinità che tessono il filo del destino ineluttabile.
Ananke è un disco nostalgico, che affronta il passato, le questioni irrisolte, e in modo catartico vi associa una dimensione poetica. Nonostante il titolo presagisca un’ineluttabilità nello sguardo alla propria vita, l’impressione è che l’autrice cerchi di prendere tutto per com’è e di costruirci sopra; una presa di coscienza della propria storia, che diventa il pretesto per portare avanti riflessioni intime e personali. La dimensione di quotidianità che emerge dai testi dell’album porta l’ascoltatore a una compartecipazione emotiva rispetto a queste riflessioni.
Dal punto di vista musicale il disco s’inserisce nel solco del pop cantautorale italiano, vicino per sonorità all’indie/itpop nostrano. Spicca la dimensione cantautorale e tutte le tracce oscillano in modo diversificato tra chitarre acustiche e sonorità elettroniche (e c’è anche un ukulele), creando un equilibrio di contrasti stabile ed efficace. Seppur per certi aspetti grezzo e imperfetto, Ananke fa della sua imperfezione “necessaria” un tratto distintivo, che dà forma e forza al mondo interiore descritto e raccontato dai testi, che sono probabilmente l’aspetto più dirompente di un eccellente esordio.