Il sogno americano non sembra conoscere fine, se a distanza di tanti decenni ancora oggi rimaniamo affascinati dai vasti paesaggi sconfinati del Paese a stelle e strisce.
Ruins Barren (all’anagrafe Marco Costa) dei suoni e della desolazione della wasteland americana ne ha fatto paesaggio sonoro: “Land of desolation” è il suo nuovo album, dove Ruins Barren attraversa con passo lento e sguardo disincantato le miserie della società occidentale.
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Ciao Marco, raccontaci di come e quando sei diventato Ruins Barren e cosa c’è dietro la scelta di questo nome d’arte.
Per rispondere a questa domanda devo fare due passi indietro. Suono da tempo con una band che si chiama Fattore Rurale, dove facciamo un genere simile a quello di Land of Desolation e cerchiamo di portare un po’ di America nella nostra terra, cercando di fonderla con la nostra tradizione cantautorale. Ho scelto di diventare Ruins Barren per staccarmi da quello che ho sempre fatto con il Fattore Rurale, per evitare che questo nuovo progetto diventasse la sua copia, e ho cercato di andare io verso l’America, verso quei suoni e quelle melodie di cui mi sono sempre nutrito. Un omaggio alla musica e alle parole che mi hanno accompagnato da sempre. Per quanto riguarda la scelta del nome, ho scelto Ruins perché le mie canzoni parlano di rovine, di storie di disfacimento e quasi sempre senza lieto fine. Barren vuole essere un omaggio a Stephen King e al suo romanzo IT. I Barren sono la casa di Pennywise, dove nasce, dove vive e dove muore l’incubo.
Land of Desolation, il tuo nuovo album, esce in un momento difficile e complesso. Vuoi raccontarci in che modo hai lavorato all’album e cosa significa per te farlo uscire proprio in epoca di lockdown?
Sono anni che mi girano in testa queste canzoni. L’incontro con Riccardo Ferranti è stato determinante, perché ho incontrato una persona che ha creduto fin dall’inizio nelle mie parole. Lui ha accettato di seguirmi ed io ho accettato di seguire lui. Da qui siamo partiti. Abbiamo sviscerato insieme canzone dopo canzone, le abbiamo suonate e risuonate, le abbiamo buttate e le abbiamo riprese. È stato un processo lungo e difficile perché se cerchi la verità il primo passo è essere sinceri con se stessi. Non so dirti se ci siamo riusciti, ma ti garantisco che ci abbiamo provato. Volevamo della musica sincera, delle parole scritte con il sangue, e per provare ad avere queste cose, dovevamo respirare insieme e accettare la nostra vita come l’abbiamo vissuta con tutti i nostri peccati e sbagli. L’uscita era da tempo programmata, in accordo con la nostra etichetta, il fatto che sia combaciata con questo periodo è del tutto casuale.
Con le sue storie oscure e “sporche”, racconti un mondo notturno pieno di antieroi. Da dove viene l’ispirazione per queste storie?
Parlo di queste cose perché sono la realtà. Oltre a quello che ci fanno vedere, dove tutto risplende, esiste un mondo dove i nostri peccati ci rendono liberi e l’accettazione dei nostri sbagli ci rende realmente umani.
Le ispirazioni sono tante, tutto quello che vivo, vedo, sento e ascolto lo trasferisco in quello che scrivo. Alcune vengono dal mio vissuto. Parto da una ricerca al suo interno e arrivo a staccarmi da esso raccontando la storia da spettatore. Ad esempio in Dancin’ in the Wind mi sono chiesto: nel caso io morissi cosa avrei voluto dire a mio padre?
Ho analizzato la domanda, ho trovato le risposte e poi mi sono staccato da me stesso e dal mio vissuto, raccontando una storia in un’epoca non precisa dove un figlio sa che deve morire e parla al padre. Altre invece, come ad esempio A Love Story, sono storie di immaginazione. Sono quasi come film che avrei voluto dirigere. Frutto di tutti i libri, di tutte le canzoni, di tutti i film e di tutte le storie che mi anno accompagnato fino ad oggi.
Eppure, nelle canzoni, emerge sempre una qualche forma di amore nelle canzoni. Magari non quello da film hollywoodiano, però c’è. In che modo canti e racconti quest’altra forma di “amore”?
Noi siamo abituati a vedere l’amore accostato all’immagine di due persone che finalmente ce l’hanno fatta e passeranno tutta la loro vita insieme. Quella forse è una parte di esso ma c’è molto altro. La sofferenza, il rifiuto… Il tradimento. La consapevolezza che l’amore in una coppia è finito e il prenderne coscienza. I sensi di colpa. Sensazioni che fanno male ma che, per fortuna, esistono e ci servono per crescere individualmente. Io parlo di questo perché credo che siano più questi i momenti che si vivono che altri dove tutto è perfetto.
In Italia, praticamente da sempre, un certo tipo di pop, leggero e disimpegnato, sembra predominare nel mercato. Che ne pensi della situazione attuale, e quanto spazio c’è per il blues e il folk qui da noi?
Sinceramente non mi interessa cosa domina il mercato, se domina è perché piace e va bene così. Abbiamo una tradizione musicale immensa e questo ormai è marchiato a fuoco per sempre. Ma il mondo si evolve e va avanti con nuove idee e nuove mode, con nuovi sound e con nuovi argomenti da trattare. Ci sono cose che mi piacciono e altre meno. Mio padre oltre a Neil Young mi faceva ascoltare anche Baglioni ed io per questo lo ringrazio. Ho imparato ad ascoltare e ad approfondire tutta la musica, per poi decidere cosa portare con me e cosa lasciare per strada. Non precludendomi mai la possibilità di andarlo a riprendere ed innamorarmi. Ma sono gusti. Io personalmente sono legato a certe emozioni suscitate da vecchie canzoni e quelle non le abbandono. Penso che ognuno abbia il suo spazio e di certo io continuerò a fare la musica che mi andrà di fare senza curarmi del mercato e di tutto quello che si muove attorno ad esso. Le persone sono quello che fanno non quello che dicono.
Seppure tu sia italiano, c’è tanta America nel tuo suono e nella tua voce. Qual è il tuo rapporto con il “paese a stelle e strisce”?
L’America la vedo da sempre nelle canzoni che ascolto, nei film che vedo e nei libri che leggo. Il mio rapporto è questo.
Una volta che la situazione tornerà alla normalità, qual è la prima cosa che farai come Ruins Barren?
Quando tutto tornerà alla normalità sarò sempre io. Se si potranno fare dei concerti porterò Land of Desolation per la prima volta su un palco e se non si potrà scriverò un disco nuovo. Prendo quello che viene come viene.