– di Martina Zaralli.
ph Paolo Degan –
C’è freschezza nell’aria, e una sorta di amara malinconia. Mai come ora queste parole suonano attuali. Abbiamo parlato con Gian Maria Accusani, voce, chitarra e fondatore dei Sick Tamburo, in seguito alla pubblicazione in chiave punk melodico di Un giorno nuovo, un brano che va ben oltre lo spazio e il tempo: è l’omaggio alla memoria di Elisabetta Imelio, è l’energia buona, è il potere salvifico della musica.
Un giorno nuovo, uscito lo scorso 4 maggio per Discgust Music in collaborazione con La Tempesta Dischi, è la prima di una serie di canzoni che verranno racchiuse in un album di prossima stampa, Back To The Roots (Forse è l’amore): i Sick Tamburo, nati dall’esperienza dei Prozac+, hanno scritto e continuano a scrivere un importante capitolo della storia della musica italiana, che rivolge al futuro un messaggio universale di speranza e amore.
Nel giorno della fine del lockdown, il 4 maggio, è uscita la rilettura in chiave punk di Un giorno nuovo dei Sick Tamburo: cosa rappresenta per te questo brano?
Innanzitutto, il brano rappresenta Back to the roots (Forse è l’amore), il nostro nuovo progetto. Un giorno nuovo è il primo pezzo di questo lavoro in cui abbiamo riarrangiato e risuonato una decina di nostri brani in chiave punk melodica: il mio stile chitarristico originario, di quando cioè ho preso in mano la chitarra per la prima volta. Ancor di più, Un giorno nuovo, e di conseguenza il motivo dell’uscita del singolo proprio il 4 maggio, rappresenta un messaggio di speranza, di positività, rispetto alla situazione che stiamo vivendo; il brano nasce in realtà per un altro contesto, ma che comunque – al pari di adesso – aveva bisogno di un augurio, di un buon auspicio. Inoltre, è uno dei pezzi a cui sono più legato: è stato il primo brano che ho dedicato a Elisabetta Imelio, la mia compagna di avventure musicali da sempre, quando si è ammalata.
C’è infatti nel brano un forte accento di speranza: in quale novità dobbiamo o dovremmo sperare?
Dobbiamo sperare, e spingere, verso la ripresa delle nostre vite, in un momento in cui sono abbastanza condizionate da quello che sta succedendo. Credo che la situazione che si è creata con il Coronavirus, se da un lato ha senza dubbio portato disastri, dall’altro ha portato anche qualcosa di positivo: fermandoci, abbiamo visto come la natura abbia ripreso il suo corso, come si siano ripuliti i cieli, i mari e i fiumi. L’augurio è che quindi anche tutti noi possiamo ripulire il nostro io dal pattume che ci portiamo dietro da quando esistiamo: questa potrebbe essere una grande occasione di crescita per tutti. Non so quanto sia semplice, ma io lo auguro.
Una chiave di lettura del brano potrebbe ruotare intorno a una sorta di metafisica del caso…
Assolutamente, senza ombra di dubbio. Un giorno nuovo, infatti, non è solo un augurio: se leggiamo bene dentro il testo – nonostante sia nato per tutt’altra ragione – l’ampiezza dei significati delle parole ci fa concludere in un auspicio che l’universo orienti le nostre azioni. Nulla accade per caso o, meglio ancora, il caso non è un caso.
Il brano sarà contenuto dentro un disco di prossima pubblicazione, Back to the roots (forse è l’amore): come e perché nasce questo progetto?
Il progetto è nato a fine dicembre, quando avevamo appena finito il tour invernale. A gennaio, però, stavano accadendo delle cose per noi molto spiacevoli, legate alla salute di Elisabetta Imelio: ho pensato quindi che forse dovevamo fermarci. Poi, giocando con la chitarra, mi sono ritrovato a riarrangiare i pezzi che suonavamo dal vivo in questa nuova versione. Mi è arrivata in questo modo una ventata di energia, di gioia, che fondamentalmente stava scomparendo: ho capito che sarebbe stato il nostro modo di continuare a stare assieme. Anche se Elisabetta non c’è più fisicamente è qui con me in tutte le cose che faccio, ancor più di prima.
Un ritorno alle origini sottolineato non solo nella traduzione di Back to the roots, ma anche dal richiamo di forse è l’amore, pezzo contenuto nel vostro primo lavoro del 2009…
Back to the roots è nato tecnicamente perché ho preso la chitarra e ho suonato i pezzi con lo stile di quando ho iniziato a suonare uno strumento. Forse è l’amore c’è dentro perché il nostro legame, come gruppo, al di là della musica, è stato da sempre il volersi bene, l’amore nel senso più grande del termine: è stato quindi un voler rimarcare l’essenza del nostro rapporto da sempre. I Sick Tamburo sono oggi più di prima anche Elisabetta, e in quella frase c’è lei.
Possiamo parlare di necessario un ritorno alle origini come ricerca dell’armonia della vita, come conoscenza e accettazione dell’essere?
Il ritorno alle origini, letto in profondità, è sempre qualcosa di buono. Ritorno alle origini come ritorno alla semplicità che tutti abbiamo davanti: penso sia il primo passo per trovare un po’ di serenità, per stare meglio.
Pensa a quello che siamo, pensa quello che saremo: trasportando questa frase in un ambito strettamente musicale, cosa pensi sia la musica oggi e come pensi sarà nel futuro?
È difficile dirlo. Anche quello che stiamo vivendo ci insegna di come gli eventi facciano mutare tutte le cose, e quindi anche la musica; già negli ultimi 15 anni è cambiata in maniera drastica, perché sono mutati tutti i sistemi e tutte le modalità. Poi, in pochi giorni abbiamo visto come gli eventi hanno influenzato la nostra vita. Non esistono più i concerti dal vivo: le cose succedono inaspettatamente, e in una maniera che non dipende solo da noi. È difficile dire cosa sarà la musica: probabilmente, sarà l’evolversi di quello che stiamo facendo, e noi dobbiamo accettarlo. L’unica cosa che spero è che si torni a suonare dal vivo: la dimensione live è la dimensione finale della musica, soprattutto per quella alternativa, per il rock’n’roll, per quella che ha delle diversità dal punto di vista sonoro o che rappresenta una proposta meno facile. Ecco, in questi casi c’è una necessità totale di andare a suonare. Tutti hanno bisogno del live, ma alcuni generi ne hanno di più.
Quale messaggio i Sick Tamburo vogliono lanciare alla nuova generazione di pubblico con Back To The Roots (Forse è l’amore)?
Questo progetto è stato una ventata di energia che ci ha aiutati ad andare avanti, a continuare in un momento di grande difficoltà. L’unico messaggio vero che spero possa arrivare riguarda l’amore che c’è dentro questa idea, perché nasce tutto da lì. Un messaggio che prescinde anche dalla musica: l’amore, in qualsiasi forma, è l’unica vera cosa che ti porta una serenità dentro.