– di Manuela Poidomani.
foto di Andrea “Nose” Barchi –
Scritto nelle stelle è il nuovo disco di Ghemon, uno dei più talentuosi e apprezzati artisti hip hop italiani. L’album è una produzione Carosello Records e Artist First che uscirà dal 24 aprile in vinile, CD e su tutte le piattaforme digitali.
Il 27 aprile Gianluca (vero nome dell’artista) ha deciso di regalare ai suoi fan un instore digitale. Chi ha preordinato il CD o il vinile su www.musicfirst.it (entro le h18.00 del 23 aprile) avrà la possibilità di incontrare virtualmente Ghemon.
L’artista infatti racconta come il suo lavoro sia composto, oltre che dallo stare in studio, anche dall’incontro con i fan più affezionati e non potendoli incontrare dal vivo a causa dell’emergenza sanitaria ha deciso di adattarsi, con una scelta che ha lo scopo di creare vicinanza tra tutte le persone che l’hanno seguito nel suo percorso artistico.
Scritto nelle stelle è stato anticipato dai singoli Questioni di principio, In un certo qual modo e Buona stella ed è stato realizzato con la produzione esecutiva di Tommaso Colliva.
Sembra un po’ scritto nel destino che Scritto nelle stelle dovesse uscire proprio in questo periodo. Ti saresti mai aspettato questa situazione di pandemia mondiale?
Neanche nei miei incubi più selvaggi. Questa situazione oltre ad essere un “casino” lavorativo, è una sfida personale. Tutti sono stati toccati, direttamente o indirettamente, nel privato. Fortunatamente sono una persona riflessiva che tenta di ironizzare sulle sventure e solo l’altro giorno pensavo a quanto tutto può cambiare così velocemente. Nel mese di febbraio mi perdevo in dettagli, in riunioni di lavoro, in ipotesi sul singolo più gradito, in giorni di prove con la band; ora niente di tutto ciò si è realizzato eppure ringrazio la vita che mi ha messo di fronte a sfide molto dure insegnandomi a uscirne sempre a testa alta. Mi considero uno scarafaggio: questi animaletti sopravvivono perché si adattano. Anche in questa situazione, insieme a tutto il mio team, mi sono adattato e documentato sulle migliori soluzioni tecniche per offrire un servizio di alta qualità a tutti quelli che mi vorranno ascoltare in questo nuovo percorso. Anche se i concerti dal vivo non si possono fare, non si può comunque pensare ad un anno senza musica.
I primi tre singoli che hai fatto uscire sono quelli, in un certo senso, più lontani dall’immaginario che una persona che ti ascolta da anni si è fatta di te. Come mai questa scelta?
Perché non mi piacciono le scelte comode. Senza coraggio, sia nelle soluzioni che nelle scelte, non sarei quello che sono ora. Non dire la mia vorrebbe dire non dimostrare la mia vera personalità e spesso questo porta a delle conseguenze non sempre positive. Forse questo è il disco in cui ho più abbracciato questa mia caratteristica. Fare scelte comode come cavalcare l’onda di ciò che va per la maggiore oppure rifare le stesse cose del passato mi annoia mortalmente. Ogni volta provo ad alzare la mia personale asticella e questa volta l’ho fatto anche nella scelta dei pezzi che ho deciso di far uscire per primi.
In Buona stella parli di sfide e di come anche la quotidianità possa essere una sfida. Tu personalmente come stai affrontando questa routine in cui siamo precipitati senza preavviso?
Io nella vita ho affrontato cose difficili come la depressione; momenti come questi possono costituire un banco di prova per una persona che ha sofferto o soffre di disturbi dell’umore. Siamo tutti rinchiusi in casa senza poter fare niente di ciò che vorremmo fare. Personalmente sto cercando di opporre ad ansia e sconforto quante più azioni propositive. Sono realista e quindi comprendo il momento, ma cercare di concentrami sul mio disco per onorare tutto il lavoro fatto significa rispondere con delle azioni concrete a pensieri disturbanti. Mi prendo cura di me stesso trovando risoluzioni creative per il futuro e sollecito i miei musicisti e tecnici per tenerli attivi, per farli sentire parte di una famiglia e valutarli anche economicamente.
Che cos’è per te Scritto nelle stelle e che cosa ti aspetti da quest’album?
Scritto nelle stelle, nel mio andare verso la vetta personale, è il mio rifugio ad alta quota. È il luogo dove ti fermi e ti rilassi. Sono consapevole che devo continuare a salire ma sono anche cosciente della strada che ho fatto fino ad ora. Gli elementi che c’erano nei miei dischi precedenti sono tutt’ora presenti nel nuovo album in una forma sviluppata a matura. Questo per me è un disco della maturità e l’aspettativa è che riesca a durare nel tempo, al di là del momento storico. Trovo che sia un bell’approdo anche se, da bravo ambizioso, non mi fermo mai e guardo sempre in avanti. Però questa volta, per assaporare il presente e il lavoro svolto, non lo posso fare. Onestamente mi ritengo molto soddisfatto del mio disco.
Stai indossando una felpa con scritto Chicago Bulls. Penso che tu ti stia riferendo a The Last Dance (documentario di Jason Hehir presente su Netflix che racconta l’ultima grande cavalcata dei Chicago Bulls di Michael Jordan, Scottie Pippen, Dennis Rodman e coach Phil Jackson, ndr). Come mai?
È un documentario eccezionale e non lo dico solo perché sono un appassionato di basket. Nella costruzione di una mentalità vincente ci sono tantissimi interpreti, formule e difficoltà da superare, non come singolo ma come squadra: ci sono campioni che non sarebbero tali senza gli altri. La pallacanestro è un esempio per me e quindi guardarlo è stato molto motivante.
Questione di principio è una dichiarazione di intenti molto forte. Quanto ti costa rinunciare a delle occasioni pur di rimanere autentico nelle tue scelte e decisioni?
Mi costa, non posso dire il contrario. Dentro a ciascuno di noi c’è un bambino che vuole giocare con tutti gli altri per essere accettato. Questa parte esiste anche dentro di me e spesso mi fa dire: “Eccomi, anche io sono come tutti voi”. Dall’altro lato però, quando cresci, ti accorgi di quante persone apprezzino la coerenza delle tue scelte e del tuo percorso. Amo i contrasti e questo pezzo, come Buona stella, ne è pieno. Riesco a far emergere allegria, pur constatando che nella vita non va sempre come vogliamo.
Trovo che nelle tracce di quest’album ci sia, effettivamente, molta coerenza. Quanto è stato difficile per te arrivare a questo equilibrio, per esempio, nella selezione ed esclusione dei pezzi?
È difficilissimo per me escludere dei pezzi: i miei primi dischi sono da 20 tracce l’uno. È una cosa che s’impara solo con il tempo e con l’esperienza, perché maturando si guarda di più all’essenziale. Non ho escluso tracce scadenti, ma quelle che rischiavano di replicare delle atmosfere. Gli chef stellati creano menù di degustazione, perché il cliente deve fare un percorso sulla base della loro idea di cucina. Io voglo dare una panoramica di come ho inteso i sapori di ogni singolo pezzo all’interno dell’insieme. La concezione di album si è evoluta, negli anni, e oggi quelli molto lunghi non sono più attinenti, proprio per una mancanza di tempo da dedicare all’ascolto. L’artista deve spiegare in breve ciò che è il suo percorso, con tutte le riflessioni del caso. L’equilibrio, oltre a trovarlo con l’esperienza, si crea quando si hanno vicino persone che vogliono il tuo bene e che hanno il coraggio di dirti sempre la verità.
Il testo Questione di principio, dove parli di aspettative e giudizi, ricorda il libro La società della performance (di Maura Gancitano e Andrea Colamedici, ndr), in cui viene analizzato come nella nostra società le azioni vengano valutate come prestazioni lavorative, anche in ambito personale. Come hai vissuto negli anni il rapporto con il successo e come si è evoluto anche con questa richiesta di performance?
Vengo da una normalissima famiglia medio-borghese dove si è sempre preservata l’apparenza. Quando ho scoperto lo strumento della scrittura attraverso il rap ho trovato un’altra cosa in cui veniva magnificata l’apparenza e in cui, indossando un costume da Superman, potevo diventare tutto ciò che desideravo. È stato quello il momento in cui la mia parte privata ha incontrato quella pubblica e dove mi sono detto: “Io voglio sempre dire la verità”. Non volevo divulgare bugie per la costruzione del mio personaggio. Ghemon non dice niente che Gianluca non possa sostenere e non indossa niente che io penso di non poter indossare.
Quanto tempo hai impiegato per la realizzazione dell’album?
Un po’ più di un anno. Non sono lento a scrivere, ma vado avanti per tentativi ed errori finché non trovo una formula giusta e un nucleo forte. Voglio pezzi che mi diano un’idea molto precisa del disco; quindi pondero molte scelte e molte possibilità. Alla fine mi sono concentrato sui dettagli: amo la parte “artigianale” della musica. Non c’è niente dentro Scritto nelle stelle che non sia pesato. In questo disco sapevo fin da subito che cosa volevo anche a livello di estetica sonora, istanze di alcuni mix… Probabilmente è l’album in cui ho messo più di mio anche a livello di gusto estetico.
Com’è nato l’ultimo video che hai fatto (Buona stella, realizzato con amici e fan ripresi nella loro quotidianità in quarantena, ndr)
All’inizio della quarantena tutti quanti cercavano cose da fare, in modo da rimanere attivi e non annoiarsi. È stata un’idea che ci è venuta spontanea: ho scritto le istruzioni in un PDF con sopra scritto: “Giratelo in orizzontale” (il video, ndr)… Tu non sai quanti me l’hanno mandato in verticale! Probabilmente quel video sarà ciò che mi ricorderà questo periodo per sempre.