Un disco pulito sicuramente, senza ridondanze di stile e con una liquidità lirica che trasuda coerenza e semplicità. Il pop digitale di MATTIA, al suo esordio con questo disco autoprodotto dal titolo “Labirinti umani” è una chiara manifestazione del proprio vissuto con un occhio sempre attento alla vita che scorre attorno e ai tanti labirinti che nascono e dentro finiamo per chiudere il nostro vivere con gli altri. L’amore è una delle forti chiavi di lettura e il suo elegante gusto per gli arrangiamenti e per la scrittura immediata, spesso molto forte anche nelle soluzioni sulle strofe, fa di questo lavoro un bel traguardo che spesso raramente si evidenzia dentro le trame delle tanto ambite opere prime. Niente di nuovo sotto al sole, canzonerebbe qualcuno. Ci piace però sottolineare la personalità che gioca con sicurezza nel suono indie italiano.
Tu sai che in Italia la critica si muove sempre per assonanze e con quel maledetto bisogno di etichettare tutto per darsi un orientamento. Seguendo queste mode quindi io mi lancio in due nomi e ti chiedo se e come hanno influito nella tua scrittura: Alex Baroni e Raf. Che mi dici?
Accidenti sai che non li ho mai ascoltati più di tanto? Non so se sentirmi o meno sbagliato ma non incontrano il mio gusto. Personalmente preferisco Baroni che aveva una gran voce. Ma non ho mai ascoltato interamente un loro album e forse grazie a questa domanda lo farò!
Penso che “Diana” sia il brano di questo disco. Almeno per me. Tra l’altro trovo che si stagli molto dal resto del lavoro, sbaglio? Come nasce questo brano?
Diana è uno dei miei preferiti. C’è tanta verità e sofferenza in questa canzone. Dovevo farla. Diana ha avuto una vita davvero difficile. Il karma è stato poco generoso con lei… E più che della musica parlo volentieri della sua figura… Lei era madre, ha avuto un figlio suicida perso nei giri della droga. Un marito che andava e veniva lasciandola sola con 6 figli. Lei prestava tutte le sue energie per salvare i buchi finanziari della sua famiglia, e sola gestiva situazioni davvero complesse. Un dramma dietro l’altro e non potevo nemmeno raccontarli tutti nella canzone. Eppure con la sua forza è riuscita a colmare anche altri buchi, perché colmava quel vuoto che c’è nel cuore di ognuno. Nel mio per esempio. Diana era mia nonna paterna. Una gran donna, una tigre, una guerriera.
Altra mia impressione: in “Tieni il resto se lo vuoi” sento un mix di voce ma soprattutto un arrangiamento che di nuovo sembra differire dalle scelte fatte nel resto del disco.
Esatto, è una canzone molto più ritmata e dance. Paradossalmente più semplice di altre ma molto più immediata. È stata scelta come secondo singolo proprio per l’efficacia della melodia accattivante ed energica.
La vita sui social network. Spesso tornano riferimenti a questo nelle liriche. Oggi i social quanto sono diventati la realtà secondo te? La musica soprattutto, ne sta pagando il prezzo?
Ho criticato molto i social perché creano distanze sociali e ci robotizzano molto.
Io personalmente percepisco energie e calore differente in chi non li usa affatto.
Credo che chi fa abbuffate di post, di hastag o di tuffi esibizionistici nella mediocrità delle proprie opinioni insulse viva peggio. E perde un po’ il contatto con la realtà. Non mi sembrano persone felici. Ma sole ed insicure… Ho amici che non hanno bisogno di confrontarsi assiduamente con gli altri, che nemmeno hanno facebook o instagram e hanno un’autenticità e una leggerezza rara di questi tempi.
Ma non voglio nemmeno generalizzare eccessivamente, come ogni cosa diventa pericolosa in base all’uso che se ne fa.
In campo musicale le possibilità che ti danno i social sono moltissime. E non mi dà da fare se un grande artista si mette in vetrina o in contatto con i suoi fan. Ma se non sei Nek, Vasco, Elisa e nemmeno un giornalista affermato perché devi vomitare un selfie al giorno allo specchio in pose da calendario? Perché devi dire la tua a tutti i costi quando nemmeno sai di cosa stai parlando? Perché devi riprendere una rissa e postarlo anziché sedarla e chiamare le forze dell’ordine? Io non capisco, perché perdere del tempo per inseguire dei follower o dei like?
Perdiamo occasioni per confrontarci dal vivo, per vivere, per stare a tavola, per goderci un film senza interruzioni. È davvero assurdo e più assurda, a volte, è l’immagine che vogliamo dare di noi stessi.
Voglio lasciarti con una domanda che mi ha ispirato dal ritornello che dice “tornerò da te a cercare me”: i labirinti umani a cui alludi sono ostacoli ai rapporti o sono tane dentro cui nasconderci per difenderci dagli altri?
Tendiamo spesso a riconoscerci nell’altro investendo così tanto tempo in un rapporto da sentirci persi nel momento in cui questo dovesse finire.
In questo senso i labirinti umani sono un ostacolo a vivere un rapporto genuino. Il migliore percorso dovrebbe essere quello di partire dal rapporto con se stessi.