– di Manuela Poidomani –
Il cantautore bergamasco Andrea Rota, conosciuto come Calabi, si è voluto raccontare in vista dell’uscita del terzo episodio della sua pubblicazione, intitolato (come l’album da cui proviene) Viaggio post-maturità. Calabi, soprannominato “lo scienziato indie”, ha parlato dell’idea di “viaggio post-maturità” confrontandosi anche col particolare periodo di lockdown che stiamo vivendo.
Stai facendo uscire questo album a “episodi”, come mai questa modalità particolare di pubblicazione?
La verità è molto semplice: ci piacevano tantissimo tutte le canzoni, quindi sceglierne una sola come singolo su cui puntare non sarebbe stato facile. In più ci attirava l’idea di costruire un tessuto narrativo un po’ più complesso per indagare tutte le sfumature che ci sono nel disco. La narrazione a episodi ci ha permesso di valorizzare al meglio ogni brano e al contempo raccontare ogni passaggio con delle immagini.
Presumo che abbia scritto Viaggio post-maturità prima del lockdown, eppure sembra calzare a pennello con la situazione che stiamo vivendo. Che cosa vuoi trasmettere a chi ascolterà il tuo pezzo dentro le mura di casa?
Viaggio post maturità è stato scritto prima della quarantena, ma nel videoclip uscito il 16 aprile, anch’esso girato prima del lockdown, c’è un’immagine che potrebbe rappresentare questo momento: una ripresa dove la protagonista del video pedala sulla cyclette nel terrazzo e tiene in mano un binocolo con cui guarda verso l’orizzonte. Per quanto riguarda ciò che voglio trasmettere non si tratta di una finalità soltanto del singolo, perché penso che tutte le canzoni con una risonanza emotiva lascino il segno. In questo momento, tuttavia, la nostalgia del viaggio è amplificata e questo è un tema con una grande risonanza emotiva proprio per l’impossibilità di viaggiare. Quindi, essendo un sentimento condiviso, spero di dare forma a un’emozione ampiamente diffusa attraverso questa canzone.
Espliciti quanto siano importanti i ricordi. Ricordare, personalmente, ti aiuta ad affrontare la quarantena?
Secondo me in questa quarantena siamo ancorati alla routine del presente, incapaci di immaginare il domani. Allo stesso tempo in una quotidianità costrittiva e frammentata, che ci tiene ancorati alle piccole cose che succedono giornalmente, siamo meno propensi a fare tuffi nel passato. Siamo tutti in attesa di qualcosa. Personalmente non è un momento in cui sto coltivando grandi ricordi, né riesco a immaginarmi quel che sarà; mi limito a vivere nella maniera più serena possibile il presente, assaporando giorno per giorno le piccole cose che mi fanno stare bene, anche in questa situazione.
Che significato dai all’idea di viaggio post-maturità in relazione alla tua esperienza? E che differenze pensi ci siano tra il viaggio post maturità che hai vissuto tu e l’esperienza dei maturandi di quest’anno che non potranno farlo?
L’idea di “viaggio post-maturità” può assumere molte sfumature e molteplici significati metaforici. Non bisogna limitarsi alla dimensione concreta del viaggio, ovvero come mero spostamento fisico. Il mio è iniziato con la fine dell’adolescenza e non si è ancora concluso. Dietro al viaggio è sottinteso un percorso di crescita personale, che racchiude le esperienze positive e negative e le persone che fanno parte della propria vita. I ragazzi che quest’anno non potranno fare il viaggio post-maturità avranno comunque la possibilità di formare la loro personalità durante gli anni. Ho voluto dare questo nome all’album perché amo viaggiare e nel testo di questo singolo cito tantissimi posti che ho visitato. Il tutto acquista un significato metaforico, perché ciò che voglio trasmettere è un percorso per la scoperta di sé. Trovo che questo momento anzi ci costringa a viaggiare dentro noi stessi, metterci in discussione e continuare a crescere.
Come è ci si sente a essere musicista in questo periodo di confinamento? Riesci lo stesso a lavorare stando a casa?
Non è facile scrivere canzoni in questa circostanza perché non ci sono buoni sentimenti. Dietro a un album, oltre a esserci tanto lavoro, c’è un grande investimento di tempo e di emozioni. Non poter suonare dal vivo è un po’ mortificante, non lo nascondo. Detto questo, all’inizio ero molto triste, ma ora penso che ragionare solo su se stessi crei egoismo. Sono contento di far uscire questo disco anche per tenere compagnia e suscitare emozioni a qualcuno. Se le mie canzoni riusciranno in questo obiettivo potrò essere fiero di essere un musicista, anche in un momento dove sembra difficile trovare la serenità.
Pensi che, quando sarà finito tutto quanto, cambierà il lavoro del musicista?
Penso che, con molta pazienza, le cose torneranno esattamente come prima. Da quando ci si è spostati sul digitale il mestiere del musicista si è evoluto parecchio e mai come adesso siamo stati costretti a proseguire in questa dimensione. Ma credo che, in futuro, si ritornerà gradualmente a una normalità fatta di concentri e incontri con le persone, scambi, emozioni, strette di mano… Lo spettacolo dal vivo non è sostituibile e non vedo uno scenario apocalittico in cui ci sarà uno stravolgimento ulteriore di questa professione. Ci vorrà molto tempo, non so neanch’io quanto, ma sono sicuro che ogni tassello tornerà al proprio posto.
Inizialmente cantavi in lingua inglese, mentre con questo ultimo progetto hai fatto uno switch all’italiano. Cosa ti ha spinto?
Onestamente quando scrivo non penso mai realmente a ciò che sto facendo. Quando ho iniziato a comporre in italiano ho percepito un moto interiore inspiegabile, qualcosa che è venuto da dentro. Ovviamente c’è stato un percorso di maturazione, negli ultimi anni, dato dalla voglia di avvicinarmi alla musica italiana per apprezzarne sfumature e testi, e chiaramente questo mi ha influenzato. Però ammetto che non ho mai pensato a cosa dovessi scrivere, prima di farlo: un giorno ho preso in mano la chitarra e mi è venuto da cantare in italiano. Ne sono rimasto stupefatto io in primis. Da lì, poi, è iniziato questo percorso.
Sei laureato in fisica teorica, hai scritto libri di matematica per bambini e sei anche un cantautore. Pensi ci sia un fil rouge che unisce questi tre ambiti?
Certo che sì: la creatività e il senso estetico. La fisica teorica è inavvicinabile per chi non ha fatto questo tipo di percorso universitario, anche se è una materia molto creativa ed elegante, in cui l’estetica ha un ruolo centrale. Così come la capacità di astrazione, questi sono elementi che si ritrovano quando si scrive una canzone. Anche nei libri che elaboro per i bambini l’estetica ha un ruolo fondamentale per catturare la loro attenzione e rendere la matematica un argomento accessibile e stimolante. La bellezza e l’estetica sono linguaggi universali e la percezione della matematica dipende molto dal modo in cui viene insegnata. Sicuramente ci sono persone con maggiori predisposizioni di altre, ma il percorso che ho creato è molto inclusivo: se già da bambino ti fanno vedere un argomento come “bello”, in età adulta avrai una predisposizione diversa.
Un libro, un film e una canzone (ovviamente non tuoi) con cui ti descriveresti.
Mi hai spiazzato. Questa domanda è complicata e non posso rispondere perché francamente sono una persona complessa e poco lineare e non riesco a trovare una risposta specifica. Potrei dirti un libro, un film e una canzone che, ultimamente, mi sono rimasti nel cuore. Mi è piaciuto moltissimo Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino. Per quanto riguarda il libro Il colibrì di Veronesi. Mentre come canzone… Gli anni più belli, di Baglioni, riascoltata ultimamente andando a vedere l’ultima pellicola di Muccino, che ha lo stesso titolo della canzone. Non so perché, ma quella volta, ascoltandola, mi sono emozionato. Ho sentito la necessità di riascoltarla più volte per via della grande risonanza emotiva che mi ha fatto sentire.
Quali sono i progetti futuri di Calabi? E quali invece quelli di Andrea?
Non mi piace pensare al futuro. Sono una persona che vive il presente, mettendolo nelle sue canzoni.
Il progetto futuro è semplicemente quello di continuare a fare ciò che mi sento di fare, ascoltandomi. C’è una sorta di dualismo dentro di me, ma ciò mi permette di non annoiarmi mai. Ho sempre la testa e i pensieri da qualche parte e ho sempre qualcosa di bello a cui pensare. Non conosco la noia e ho molti stimoli; mi sento fortunato.