– Riccardo Magni –
Ogni volta ci caschiamo più o meno tutti, quando il 31 dicembre si avvicina e l’inizio di un nuovo anno solare ci fa pensare, o almeno sperare, che possa essere il momento finalmente per cambiare le cose.
O qualcosa, per lo meno.
In fondo lo sappiamo bene, è un’illusione, una speranza che vogliamo darci, questo vedere un semplice intervallo di tempo che ci porta da quello che chiamavamo “anno prima” a quello che chiamiamo “anno dopo”, come chi sa quale momento astrale decisivo.
Eppure i buoni propositi si fanno, è inevitabile ed è anche giusto e non dovremmo limitarli solamente ai vari inizio anno, perché vuol dire avere una tendenza al miglioramento, anche una minima.
Ma diciamoci la verità, pur con tutta la razionalità ed il cinismo del mondo che ci fanno rifiutare (giustamente, e su questo si accettano poche obiezioni) questa superstizione del “anno nuovo vita nuova” esattamente allo stesso modo del “addio anno di merda, meno male che finisci”, possiamo affermare dati alla mano che i primi due mesi del 2020 per il nostro mondo, sia in senso generale che ristretto a quello musicale, anche solo romano volendo stringere ancora di più, abbiano fatto schifo.
Le luci con cui abbiamo accolto il 2020 sono state, più che quelle dei fuochi artificiali, quelle delle fiamme in Australia. Neanche dieci giorni dall’inizio del nuovo anno poi, e con l’uccisione di Suleimani ordinata da Trump si è temuta la terza guerra mondiale. Poi è arrivato Amadeus a distrarci con la sua gaffe del passo indietro, ma prima ancora le polemiche sulla partecipazione al Festival di Sanremo di Junior Cally. Poi Sanremo è arrivato davvero, e per qualcuno sappiamo che forse quello può essere stato il momento peggiore, ma poi è finito ed al di là della soddisfazione per la vittoria di un artista che abbiamo visto suonare nei “nostri” locali e che ci ha permesso di sfoggiare la foto in sua compagnia (ancora complimenti meritati a Diodato, ci mancherebbe che ce l’abbia con lui ora), ci si ricorderà per lo più il momento peggiore, quello che andrebbe in fretta dimenticato (si parlo di Morgan vs Bugo, che non ringrazierò mai abbastanza per l’infinita quantità di meravigliosi meme generati ma che ecco, non è stato bello per niente).
E poi, non ci sarebbe neanche bisogno di metterlo in cronaca, ma è arrivato lui a prendersi la scena, il Coronavirus (Covid-19 all’anagrafe), che le evidenze scientifiche ci descrivono come un nuovo virus di una famiglia che conosciamo già bene e che non ha mai fatto paura più di tanto a nessuno, ma che invece oltre ai “normali” danni che fanno i virus ha fatto molto di più, mettendo in evidenza il lato peggiore della nostra umanità: psicosi, razzismo, influenzabilità estrema, sciacallaggio mediatico, incoscienza, menefreghismo, e come sempre il dividersi in schieramenti come due tifoserie stupide che se non possono venire alle mani, devono quanto meno insultarsi senza alcuna possibilità di dialogo.
Del resto è così per ogni cosa, volevi aspettarti un minimo di senso di responsabilità ora?
A noi in realtà, questo virus per ora non ha fatto che il solletico a livello puramente sanitario, ma di danni indiretti ne sta facendo moltissimi, perché tanti eventi vengono annullati o rimandati per buonsenso o presunto tale oltre che per disposizioni di sicurezza, e fermare le programmazioni per un mese è qualcosa che il mondo che lavora con la musica, ma più in generale con l’arte e l’aggregazione, non può permettersi. Da qui gli accorati ed ovvi appelli di locali ed associazioni ad una più attenta gestione della cosa, di cui ci occuperemo senza dubbio in modo più approfondito.
A Milano si è fermato praticamente tutto, a Roma molto meno, ma qui nella Capitale volendo guardare lo stato di salute dei luoghi che fanno della cultura, dell’arte, della musica, il loro fulcro di aggregazione, pur non dovendo affrontare quel tipo di emergenza non è che ce la passassimo nel migliore dei modi: incendi, furti, danni, atti vandalici e diciamolo pure, in alcuni casi ottusità sia dei gestori che dell’Amministrazione Pubblica avevano caratterizzato il 2019, ed il 2020 non sembrava promettere aria troppo nuova.
L’ultimo locale in ordine di tempo colpito dai furti è stato lo Sparwasser al Pigneto, che però in poche ore ha raccolto i frutti dell’amore disseminato nella comunità in questi anni ricevendo tantissime donazioni, attestati di stima e solidarità morale e materiale.
Proprio ieri siamo stati anche noi tra i tanti che sono passati da loro a bere qualcosa nell’affollatissima serata di sostegno, in cui molti artisti si sono esibiti gratis fino a tarda notte per fornire una risposta immediata al brutto episodio del furto e dare nuova linfa ad un circolo che per sua stessa costituzione non lucra, ma lavora costantemente e con impegno (e ne siamo testimoni diretti) per aggregare attorno alla cultura, l’arte, la musica, l’integrazione, la giustizia sociale e quanto altro di positivo possa venirvi in mente.
Qui la pagina ancora attiva dove poter contribuire economicamente al sostegno a Sparwasser.
Siamo andati a dormire contenti di questo risultato ieri notte, ma nemmeno il tempo di godercelo che ci siamo risvegliati con la notizia della morte di Elisabetta Imelio, musicista e cantante cofondatrice di Prozac+ e Sick Tamburo, portataci via dagli strascichi di un tumore a soli 44 anni. Elisabetta, come tante altre donne e uomini colpiti da tumore prima di lei, aveva lottato ed era stata da esempio, ci aveva fatto commuovere e mobilitare anche quando nel 2018 il brano “La fine della chemio” scritto dal compagno di avventure di una vita nei Prozac e nei Sick Tamburo, Gian Maria Accusani, era diventato un inno di speranza e solidarietà, con la partecipazione di tanti artisti e i proventi devoluti in beneficenza.
La morte di Elisabetta Imelio non è certo una di quelle che mobiliterà gli hashtag a livello mondiale, probabilmente molti nemmeno in Italia assoceranno immediatamente il suo nome a qualcosa di conosciuto, ma è un lutto “pesante” per l’ambiente della musica indipendente italiana e con tutto il rispetto per l’avvenimento già tristissimo di per se, che tocca un po’ tutti gli amanti di questo mondo, arriva proprio il primo giorno di un terzo mese di 2020 che fino a qui sta facendo veramente schifo (che poi è pure l’anniversario della morte di Lucio Dalla).
Febbraio era finito con un piccolo moto di speranza, marzo è iniziato di merda. Ma Sparwasser ce la farà perché tutti lo amiamo, a breve riaprirà anche Na Cosetta e ne siamo contenti, Milano dovrà ripartire necessariamente e la psicosi sfumerà. Ricorderemo sempre Elisabetta Imelio e le mandiamo un bacio, ovunque sia ora. E continueremo a fare buoni propositi e a sperare che prima o poi tutto vada bene, tutto diventi migliore, tutto sarà bello, che le bellezza salverà il mondo, anche se in fondo sappiamo che probabilmente resterà un’illusione ma è tutto ciò che ci mantiene in moto, perché altrimenti non avrebbe più senso nulla.