– Foto Guido Borso –
Ho conosciuto Generic Animal per caso, un po’ di tempo fa, recensendo i Belize. Mi ha incuriosito molto e ho continuato a seguirlo. Mi piace davvero tanto di lui questa sua scrittura ermetica, per immagini, simbolica, ricca di procedimenti linguistici-espressivi.
L’altro giorno noi, così chiamati “addetti ai lavori”, lo abbiamo incontrato per farci raccontare il suo ultimo lavoro, uscito proprio oggi, che ha chiamato “Presto”. E’ arrivato “schiscio”, come si dice qui a Milano, sentendosi “come se fossi in assemblea di istituto” (cit). È vero: molto probabilmente al secolo Luca Galizia, classe 1995, non è abituato a stare sotto focus, nonostante sia operativo, e di brutto, già da un bel po’ nel mondo della musica. Ma lo fa come una silente apina operaia: porta il suo raccolto a destinazione e con esso genera pure prelibatezze.
Animo hardcore ed emo “ma con la t-shirt dei Misfits”, il suo primo gruppo i chiamava Leute, è un ex odontotecnico, mancato mio collega (ha abbandonato il percorso universitario in Mediazione Linguistica), è disegnatore. Generic Animal, nome che deriva dal suo schizzo di un animaletto senza sesso e senza specie, pubblica il suo primo omonimo disco nel 2017 (La Tempesta), hih hop emo, e nell’anno successivo si avvicina più alla trap, in collaborazione con Bomba Dischi. È lunga la lista dei nomi sulla scena che si accompagnano a un suo feat o una sua collaborazione: da Ketama a Pretty Solero, da Mecna a Rkomi. Collabora alla grande uscita di uno dei migliori esordi degli ultimi tempi: quello di Massimo Pericolo. È legato alla gente che stima più che ai nomi, lo si capisce benissimo da come parla e dal suo modo tenerissimo ma deciso di esprimersi: troviamo nel suo “Presto” un “amico di scrittura”, Nicolaj Serjotti, e ha ricominciato recentemente a collaborare con il suo amico produttore Fight Pausa.
“Presto” (Island/Universal), nome del pezzo feat. Franco 126 e dell’album, è una moltitudine di cose: un modello di scarpe, la rapidità del tempo, le cose successe, coincidenze, relazioni (“Sorry”), il passaggio all’età adulta (leitmotiv delle 12 tracce), il lavoro (1400 e Promoter), i soldi guadagnati e persi (v. “700”), la famiglia (Volvo), la rassegnazione ad essere cresciuti (Como by night feat. Joan Thiele), l’adolescenza che torna a galla (Scherzo feat Massimo Pericolo), il riallacciarsi sempre al passato, ma guardando al futuro (Scarpe#2 legato al pezzo Scarpe#1 del primo disco). Un inno post rock con attitudine hip hop a quella che viene definita generazione Z, i millennial, scritto sul letto della provincia di Varese. Un lavoro di 3 anni. Gli ho chiesto se non ci si sia stancati di farsi definire “generazione liquida”, loro ragazzi dai 20 a prima dei 30 anni, quelli che sembrano apparire quasi senza ricordi da costruire, costretti a dover “riciclare” quelli di noi più anzianotti (come un po’ dice in “Nirvana”, dove ha nostalgia per cose che non ha mai vissuto). Mi ha risposto, come immaginavo, in maniera molto intelligente, dicendo che non c’è mancanza di identità, anzi, sono punti di riferimento, di formazione, quelli a cui si sarebbe voluti ambire, ma, per scoordinamento anagrafico, è stato impossibile vivere. Molta della sua conoscenza è merito, nel suo caso, di una sorella più grande che gli ha trasmesso determinati ascolti a cui lui si è affezionato e che ha fatto propri.
– “E cosa stai ascoltando ora?”
– “Quasi nulla, solo i BROCKHAMPTON”.
Ho sorriso molto a questa cosa, perché adoro immensamente: io, come tanti altri, esco pazza per questo ragazzo, artista dall’atteggiamento discreto ma dall’attitudine vincente. Per chi è a Milano: non lasciate volo sfuggire il prossimo 26 febbraio in Santeria. Ci vediamo lì.