– di Sara Fabrizi –
Con Gli Spari Sopra Vasco, nonostante la decadenza emotiva della rock star ormai grande per fare troppo la rock star, nonostante il new sound e i nuovi usi e costumi dei 90s, era riuscito a regalarci ancora un po’ di sano rock’n’roll avulso dal tempo e dai tempi. Avviando una sorta di cammino spontaneo verso il classic rock. Quando, ok i cambiamenti socio-storici, ok le mode, ok i nuovi venti musicali, ma io sono quel che sono, ho il mio marchio di fabbrica e l’ho cristallizzato. Quindi è questo ciò che ti porgo caro pubblico, prendine finché puoi perché non durerà in eterno.
Mi piace pensare che Nessun Pericolo Per Te sia l’esito di questi ragionamenti, di queste vocine interiori che hanno guidato il Vasco nazionale verso la realizzazione del suo ultimo grande rock album. Il successivo Canzoni Per Me (1998) è un bell’album cantautorale, con qualche guizzetto rock, che si riallaccia in una sorta di circolarità al primo album (Ma Cosa Vuoi Che Sia Una Canzone, 1978).
Ma è di fatto con Nessun Pericolo Per Te che l’epopea della combriccola del Blasco, quello “con delle voglie strane”, raggiunge l’apice e si chiude. Un disco pop rock all’apparenza, ma che profuma di hard rock. E che dimostra che la redenzione non è possibile, e nemmeno auspicabile. Chi li vuole questi costumi morigerati, queste esistenze noiosamente regolari, se poi dentro noi arde ancora il sacro fuoco del rock’n’roll? Ebbene ecco 10 brani ancora grondanti di irriverenza e ribellione, con il solito memorabile inserto di romantic ballad.
La title track è una scandaloso blues rock. Un vero inno alla formula del “sesso, droga e rock’n’roll”, mai obsoleta. Soprattutto se sentita così profondamente. Un qualcosa di cupo avvolge il pezzo, a partire dalla voce di Vasco che ripete il mantra “Stai calmo! Nessun pericolo per te..!”. E le chitarre che da languide diventano quasi ossessive crescendo in assoli che sembrano venire dall’inferno. Se questo è il brano più emblematico dell’album (che non a caso ne ha preso il titolo) ce ne sono altri che tengono molta fede a questa rinnovata spontaneità di Vasco, a questo suo arrendersi definitivo alla propria indole “maledetta”.
Un Gran Bel Film è un pop rock passionale, sognante, scanzonato. Oserei dire a tratti solare. Grandi chitarrone, grandi assoli (dov’è finito il sax di cui abusava negli 80s?), per questo inno che celebra la sua vita da rock star. Mi Si Escludeva è il pezzone hard rock di protesta. Bersaglio è la società che da sempre tende ad emarginare coloro che si pongono fuori dalle righe. Vasco non ha di certo bisogno di prendersi una rivincita contro quella società che lo additava come buffone e tossico, privo di spessore artistico. Il suo successo, l’amore del suo vastissimo pubblico, l’aver rotto degli schemi nella musica italiana, l’aver creato ex novo la figura del rocker italico penso possano bastare per compensare il discredito che gli venne gettato addosso da tanti artisticamente miopi bacchettoni. Ma Vasco non è solo questo. Tanto è poliedrica la sua figura da non esaurirsi in etichette semplificatrici.
Abbiamo imparato a vedere come al suo lato più ribelle ed irriverente faccia da contraltare il lato romantico ed introspettivo, lascito di un’indole cantautorale settantina che in lui non morirà mai. Vasco è anche Sally, che poi è forse una Jenny che ce l’ha fatta. E’ anche l’amore e l’incanto per quelle figure di donna disseminate nei suoi album. Quelle creature che descrive come fragili, angeliche o diaboliche di volta in volta. Ma verso le quali prova la stessa candida ammirazione che potrebbe avere per un’opera d’arte. A volte descritte con termini aulici, altre volte in termini più carnali. In ogni caso muse, ispirazione pura. Mi piace pensare a questo album come ad una manciata di brani di rock duro che gravitano attorno all’incantevole Sally.
O forse a tutta la sua discografia come ad una raggiera fatta di rock’n’roll che corteggia delle splendide ballad, nucleo della sua primissima ispirazione musicale. Come la compenetrazione di due anime diverse ma affini dalla cui unione deriva la completezza artistica, appannaggio di pochi. Come il coesistere della delusione degli ex sessantottini, e dell’indolente abbandono che provoca, con quella voglia di andare avanti, non piegarsi e spaccare tutto. “Perché la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia.. sopra la follia”. E questo è tutto ciò che posso dire su questo album, e sulla sua eredità. “Cosa vuoi che ti dica io, senti che bel rumore”.