Nella vita di tutti i giorni sentiamo parlare di ponti di ogni tipo, che si tratti di leggendarie grandi opere su altrettanto leggendari stretti, o di pontificati, o di interventi ortodontici. Ma c’e un “ponte” che meriterebbe ancor più la nostra attenzione, soprattutto perche la ripagherebbe. E The Bridge degli Almanoir: cinque tracce divise tra un energico trio di apertura e le atmosfere distese e sognanti degli ultimi due brani. Ad aprire le danze e “Eleven Eight”, pezzo maestoso e incalzante, strutturato appunto sul tempo dispari di undici ottavi. Gli Almanoir sanno come far sembrare facile il difficile, e lo dimostrano subito, con naturalezza. La stessa naturalezza con cui anche l’ascoltatore più profano può ritrovarsi a ballare al ritmo di undici ottavi senza neanche rendersene conto (poi pero andategli a spiegare perche ogni tanto inciampa). La successiva title-track “The Bridge” parla del sentirsi bloccati in una sorta di limbo che annulla ogni volontà. Nulla di più appropriato di un ponte allora, per traghettare se stessi in una condizione migliore. Ma e presto per rifiatare, prima e il turno della straziante “Falling Leaves”. Titolo molto più che evocativo, poiché la sensazione che il pezzo trasmette e proprio quella di assistere all’inarrestabile crollo di ciò che ci circonda. Superba la parte centrale, dove la cantante Maristella Croppo regala un’interpretazione da brividi. Ristabilito l’ordine, e il momento della delicata e commovente “Yoga”. La batteria, finora imponente, diventa scarna ed essenziale, la voce intraprende un percorso intimista, e a beneficiare dello spazio lasciato disposizione e l’eclettica chitarra di Marco La Fratta, che qui può dare libero sfogo alla sua anima più trasognata e post-rock. La chiusura dell’EP e affidata a “If”, rivisitata cover del celebre brano dei Pink Floyd, a dimostrare che si possono omaggiare anche dei mostri sacri senza necessariamente incappare in sacrilegi di sorta. Specialmente quando hai una sezione ritmica come quella composta da Luca Amendola e Alessandro Inolti, che sembrano nati per suonare insieme. In The Bridge ogni cosa da la sensazione di trovarsi esattamente dove dovrebbe essere. “Everything in its right place”, come direbbero i Radiohead, tra le influenze del gruppo assieme a Tori Amos e Sigur Ros. Un’opera che lascia presagire il meglio, dove gli Almanoir danno la prova di bravura più bella, quella di chi vuole mostrarsi e non dimostrare.
Matteo Rotondi