Producer calabrese che rapisce alla world music di matrice africana quel certo sapore digitale dal DNA internazionale per raccontarci il mondo, la Terra, l’uomo e le sue abitudini. Lui è Francesco Saporito in arte SZLUG che fa il suo esordio con il brano “Protect Us” di cui la rete ci restituisce anche un suggestivo video di lancio prodotto dalla regia di Pasquale Lumare: ed è la contrapposizione di ciò che la Terra consegna all’uomo e ciò che l’uomo costruisce con spietata irriverenza e considerazione verso la natura stessa che ha creato ogni cosa. Dunque l’irrimediabile confine tra etica ed estetica, tra conservazione e progresso arriva fino alla totale distruzione di luoghi e riconoscimenti naturali. Con un suono lounge dalle leggere tonalità pastello che a tratti ricordano quei dipinti sospesi di Moby, SZLUG ci restituisce una introspettiva quanto primaverile voglia di viaggio e resta viva quella voglia di confondersi con il mondo naturale delle cose. Un bel singolo che aprirà la pista ad altro ancora…
Come e quando Francesco Saporito diventa SZLUG? Che poi, ci racconti del suo significato?
Mah, forse in fondo lo sono sempre stato. Slug in inglese indica qualcuno di indole calma, pacifica che si prende i suoi tempi. È una descrizione che calza abbastanza a pennello per me. Poi però ho voluto aggiungere una z per dargli un suono un po’ più esotico e alieno.
Siamo curiosi di conoscere la genesi di “Protect Us”.
Era da tempo che lavoravo ad un approccio diverso dai precedenti per quel che riguarda la mia produzione. Stavo cercando un suono duro, ma che potesse includere allo stesso tempo elementi melodici e suggestioni oniriche.
Volevo trovare la melodia lì dove non c’era, tra ritmiche afro-orientali e drum machines e synth nord-europei. Da un punto di vista concettuale volevo evocare sensazioni in contrasto tra loro: angoscia, disorientamento ma anche nostalgia e sollievo.
Nel video che lanceremo di seguito metti a confronto la natura e l’uomo. In qualche modo metti a confronto la razionalità e l’irrazionalità, se vuoi l’etica e l’estetica tanto per fare filosofia… sbaglio?
Il confronto/scontro tra uomo e natura è un tema sempre attuale e affascinante se vogliamo. Nel video volevamo rappresentare questa sensazione di angoscia tipica di chi fugge o cerca un riparo, un porto sicuro. Il paradosso è che nonostante la violenza che l’uomo ha perpetrato nei confronti della natura, questo scontro ha comunque generato luoghi che sono diventati dei punti di riferimento per l’uomo stesso. Ora che di tutto quello restano solo dei cimiteri industriali, affiora anche una sensazione di smarrimento e nostalgia. Quei luoghi sono stati il palcoscenico di storie di intere generazioni.
Un noto adagio vuole che l’uomo è l’unico capace di distruggere quel che natura crea. Ma siamo proprio d’accordo su tutto? Che ne pensi?
Io sono sempre stato un sostenitore del progresso. L’uomo “piega” la natura anche per migliorare le proprie condizioni di vita, è inutile girarci intorno. Purtroppo in molti casi progresso tecnologico e distruzione della natura hanno coinciso. E la natura ci presenterà il conto prima o poi. Però bisogna anche dire che ultimamente c’è una presa di coscienza anche e soprattutto in campo tecnologico. Anzi oggi sono proprio i principali attori in questo settore che si pongono delle vere e proprie missioni: non c’è progresso senza etica. Quello che mi piace meno è che sembrerebbe che gran parte delle risorse e delle iniziative per un progresso tecnologico compatibile con la salvaguardia dell’ambiente sia quasi totalmente ascrivibile ai singoli individui. Mi vengono in mente Jeff Bezos o Elon Musk. Io credo invece che per questioni di tale portata debbano essere gli stati i principali attori: cioè riportare la questione sotto il controllo politico, senza aspettare una seppur illustre beneficenza. Purtroppo gli stati spesso sono in contrasto tra loro o, peggio, strangolati da assurdi vincoli di bilancio che impediscono loro di perseguire politiche rivolte a supportare uno sviluppo sostenibile.
E se ti chiedessi di guardarti attorno, in questa scena indie italiana… distruzione, creazione o semplice trasformazione? Cosa vedi attorno?
Beh a dire il vero non sono un grande fan della scena indie di casa nostra, se per indie intendiamo un genere ben identificato come sembrerebbe essere diventato ormai. Chiariamoci: le produzioni sono ottime e le canzoni evidentemente funzionano. Io vedo una continuità con quel cantautorato di metà/fine anni ’80. Stessi temi, stesso atteggiamento. Magari con l’aggiunta, in alcuni casi, di quel senso di smarrimento che contraddistingue la mia generazione.
Invece se guardiamo alla scena elettronica e magari un po’ più underground la situazione è davvero elettrizzante: abbiamo artisti che a mio modesto parere meriterebbero un’attenzione di gran lunga maggiore. Se penso a gente come Populous, Yombe, Godblesscomputer o il mio conterraneo Indian Wells, realizzo che si tratta di artisti che non hanno nulla da invidiare ai loro colleghi e corrispettivi internazionali. Per fare un esempio: Populous e Four Tet sono usciti con i loro rispettivi ultimi album a poca distanza l’uno dall’altro. Non c’è partita per Four Tet: il cosmo sonoro di Andrea Mangia è molto più ricco e complesso. Dovremmo chiederci come mai artisti di tale livello abbiano poco supporto e/o mercato. O comunque non quello che meriterebbero.