– di Giacomo Daneluzzo –
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Kintsugi è il nome di un’antica tecnica giapponese di riparazione di ceramiche rotte usando oro o argento liquido per saldarne le fratture rendendole così oggetti unici, oltre che ben più preziosi di prima che si rompessero.
Ed è questa parola, Kintsugi, che gli Yellow Circles, jazz band di Milano nata nel 2015, scelgono per chiamare il loro primo album, indipendente, uscito nel 2017.
Kintsugi è effettivamente un album prezioso, un album jazz realizzato più che egregiamente e formato da 10 tracce che, pur mantenendo in primo piano il lato jazz del gruppo, rivelano sfaccettature funky e neosoul che mostrano quanto il complesso milanese abbia saputo inserirsi nelle infinite possibilità di reinventare un genere ampio e predisposto al cambiamento come il jazz.
Evidente la perizia del gruppo nella realizzazione di questo disco: dal punto di vista tecnico risulta un album brillante e pulito al punto da apparire limpido, preciso, trascinante e tutt’altro che banale. I testi appaiono come piccoli quadri di vita, rappresentati con una mentalità positiva e propositiva, come S.T.A.P. (Stop Thinking About Tomorrow), cantati da una voce potente, elegante e molto “black”.
Gli Yellow Circles, partendo dai più che consolidati standard della “musica nera” del jazz, realizzano un vero e proprio gioiello musicale, originale, divertente e ben fatto, che in modo del tutto appropriato scelgono di chiamare Kintsugi, termine che rispecchia appieno tanto il disco quanto la loro attitudine musicale.