– di Linh Vu Thuy –
EDY (all’anagrafe Alessio Edy Grasso) è un compositore, autore, musicista e produttore. Nato a Milano, cresciuto a Catania, attualmente vive a Roma. Dopo diverse ed importanti esperienze in band (Marketa in gioventù, gli Youth Against Fascism poi diventati Jasminshock, e gli UltraviXen, trio avant-punk), dal 2017 ha lavorato al primo disco da solista “Variazioni”. 12 Canzoni di “pop d’autore”.
Scritto ancora una volta interamente da EDY con la produzione artistica di Marco Fasolo (Jennifer Gentle), uscito nel 2018 per Goodfellas Records.
Partiamo proprio dalle basi: chi è Edy?
Era il 2016 quando presentai alla mia band, gli Ultravixen, una manciata di canzoni. A loro suonavano molto molto strane, ed effettivamente non potevo dargli torto. La band era molto, molto rock, invece questi brani avevano un retrogusto un po’ più pop.
In quell’anno ebbi un incidente con la moto che mi costrinse a star fermo per un anno e mezzo e in quell’anno ho avuto molto, ma molto tempo di pensare. Avevo voglia di uscire dagli schemi del rock, di avere totalmente controllo del mio lavoro, sentivo la necessità di avere un progetto totalmente mio… avevo voglia di qualcosa di diverso. E mentre maturavo questi pensieri, incontrai il produttore Marco Fasolo. Ed è così che è nato il progetto Edy.
Com’è la vita da solista?
Come detto in precedenza, avevo bisogno di avere il controllo del mio lavoro, di non scendere più a compromessi e fare cose che sentivo mie nella loro totalità.
Nella mia carriera musicale ho fatto parte di ben due band, mentirei se dicessi che la vita di gruppo non mi manca, soprattutto perché la band come la intendo io non è semplicemente un insieme di musicisti che girano insieme, ma una vera e propria famiglia che condivide cose importanti.
Infatti ho fatto presto a riformare un gruppo di musicisti che girano intorno al progetto.
I testi e le musiche sono interamente miei, ma Gianluca Bartolo (chitarra), Carmelo di Paola (batteria), Tommaso Calamita (basso) e Matteo Scannicchio (tastiere) hanno “colorato” questo album aggiungendo dei suoni loro.
Parlaci un po’ del tuo album di debutto, “Variazioni”
L’incidente di cui ho parlato è stato l’innesco di tutto, è stata la miccia che ha fatto “esplodere” qualcosa che dentro me ribolliva già da un po’. E’ stato un evento negativo da cui sono riuscito a trarre qualcosa di positivo.
Il tema principale dell’album è il cambiamento.
Si parla di odio, amore, passione, lotta, coraggio, rabbia, di lasciare il certo per l’incerto, della pigrizia di restare fermo, di spostare i confini delle proprie convinzioni.
Ci sono delle canzoni come Fai quello che vuoi o La casa di Barbie che raccontano un modo un po’ “fluttuante” i rapporti di coppia, ciò che accade nelle famiglie.
Immobile è un pezzo un po’ più politico in cui, attraverso due ragazzi, parlo di situazioni di rappresaglia che un po’ caratterizzano il concetto di lotta.
E poi ci sono canzoni fortemente autobiografiche come Catania e Faccia di luna.
A questo album poi hanno dato un prezioso contributo anche degli amici: si possono sentire la chitarra di John Lui, la voce di Matilde Davoli, Marco Fasolo ha suonato il piano e il basso e Carolina Bubito ha diretto un quartetto d’archi.
Insomma, è stato un bel cambiamento!
Assolutamente sì. Vengo dal mondo del rock duro, dove sono abituato ad urlare in faccia tutto quel che sento. Adesso invece le dinamiche sono cambiate, per la prima volta mi sono trovato a doverle quasi sussurrare queste emozioni. Di questo cambiamento poi ho apprezzato particolarmente il cominciare a pensare con una chitarra acustica in mano piuttosto che con quella elettrica.
Il contatto con il legno mi ha insegnato un nuovo modo di affrontare la musica, un nuovo modo per trovare soluzioni.
C’è qualche retroscena legato a questo album che vuoi raccontarci?
Una sera eravamo a casa mia, sull’Etna, durante la fase di pre-produzione ed eravamo solo io e Marco. C’era la neve fuori. Comincia a colare dell’acqua dal piano superiore della casa e si allaga tutto il primo piano dove c’erano tutti gli strumenti. Per paura che si rovinassero gli strumenti e che quindi non riuscissimo a terminare il disco, abbiamo chiamato i pompieri. Ci siamo un po’ fatti prendere dal panico e lo avranno avvertito anche loro, tant’è che sono arrivati con il camion, quello gigante che in genere si vede solo nei film. Alla fine il danno è stato riparato in poco tempo… e allora abbiamo ringraziato i pompieri con una mini jam session.
Non credi che, in una scena musicale in cui lo scettro degli ascolti è conteso tra trap e indie, il pop cantautorale possa rimanere in una zona d’ombra?
Io credo che in tutte i generi musicali ci siano situazioni interessanti. Credo che in questo momento la musica italiana stia vivendo un forte ricambio e a prescindere dal fatto che possa piacere o meno, adesso non si ascolta più solo Eros Ramazzotti, Elisa, Tiziano Ferro e tutta quella sfilza di grandi nomi, in radio girano tante cose. Per cui si stanno esplorando tanti spazi, tanti generi.
Ho un’identità molto chiara a me stesso, non cerco un’identità nel riconoscimento degli altri e questo disco ne è la prova perché canta proprio l’opposto. Questo disco dice “Ci sono, faccio quello che voglio. Smetto di fare il musicista e comincio ad esserlo”.
Non ho scritto un disco a tavolino per orientarlo affinché potesse essere in un modo piuttosto che in un altro solo per un puro scopo “di vendita”.
Dove potremo ascoltarti?
Ho fatto le prime tre date nelle tre città più importanti per me: Milano dove sono nato, Catania dove sono cresciuto e Roma che è la città in cui vivo. E tra un po’ usciranno anche delle date che mi terranno impegnato per tutto il 2019 in giro per l’Italia.
Ultima domanda: cosa consiglieresti, ai nostri lettori, da mangiare e/o bere per accompagnare ancora meglio l’ascolto di Variazioni?
Direi di cominciare con un sushi leggero. Potrebbe sembrare impegnativo, ma in realtà si tratta di ingredienti semplici e molto visivi come i primi brani, per poi passare ad un piatto forte come una grigliata di pesce per la parte centrale del disco che è quella un po’ più rock, per poi finire con tantissima frutta, possibilmente agrumi. Da bere non posso che consigliare un Etna bianco.