Come non giocare con titoli così forti in questa settimana? Ed ormai è come sparare sulla Croce Rossa come si suol dire. In effetti il grande Festival ormai tutto rappresenta tranne che la canzone italiana. O meglio: forse ne mostra giusto una minima parte, davvero minima, quasi inesistente. Ma a cui paradossalmente viene concessa l’opportunità di fare tutto il rumore mediatico che il resto della proposta si scorda per la vita intera. Ed è così che releghiamo nel buio dell’indifferenza tantissimi dischi come questo: LEDI, in uscita per RadiciMusic con il secondo lavoro dal titolo “Stanze”. Il cantautore italo-albanese si fa raffinato di peso poetico e introspezione letteraria, letterale anche. Le canzoni di Ledi che dall’esordio di “Cose da difendere” si fanno meno computerizzate e più “umane”, narrano la visione del mondo, narrano la vita e le origini verso cui spingersi per ricercare la verità, i valori e, se mi si concede il termine, la pace. Inutile una disamina del disco nel dettaglio. Queste sono opere che vanno assimilate nel tempo che richiedono, è un lavoro artigiano e come tale ha le forme sbilenche o i contorni meno immediati come il singolo “Kreuzberg” o la visione quasi tenchiana della title track “Stanze” che tra l’altro ha un bellissimo video. E visto che ormai Recalcati ha sdoganato la televisione di massa con bellissime sedute pubbliche su Rai3, citiamo la nuova veste che Ledi dà alla sua “Telemaco”, ispirato proprio dai concetti dello psicanalista milanese. Mestiere artigiano. Forse è di questo che si ha davvero bisogno nella musica italiana.
Nuovo disco per LEDI. Qualcuno ti ha detto che ormai non si fanno più dischi di 14 canzoni? Caspita… proprio un outsider sotto questo profilo non trovi?
L’assurdo è che abbiamo registrato dei pezzi che, per motivi economici, abbiamo messo da parte. Sarebbero stati venti altrimenti. Non saprei, io scrivo di continuo, ma senza il fine ultimo dell’incisione. La mia fortuna/sfortuna sta poi nel potermi permettere di non dover aderire a nessuna logica perché mi autoproduco in toto. Verissimo che oggi non si fanno più dischi lunghi, ma perché? Non lo capisco. Se qualcuno ha bisogno di esprimersi nel lungo è giusto che lo faccia. Poi il tempo di ascoltare non ce l’ha più nessuno, ma questo è un aspetto patologico del nostro tempo. Fosse per me tutti dovrebbero “aprire le gabbie” e produrre ciò che hanno nel momento in cui l’hanno, che siano 30 secondi o1 album al mese, perché quella è la verità di quella persona in quel momento. Sarà poi chi ascolta a giudicarne la qualità. La logica deve essere interiore.
Perché ad un tratto citi Battisti? E perché solo quel piccolo frammento de “I giardini di marzo”?
Perché è come se fosse un passaggio dalla gioventù all’età adulta. Il coraggio di vendere i libri, e lei che gli chiede il perché dei suoi silenzi la sera, al telefono. Bellissimo, una preghiera alla vita che passa. Volevo rendere questo, una litania.
“Domenica”, “Palazzine”, “Kreuzberg”… quanta città dentro questo disco?
Il prossimo lavoro sarà un ep, che gireremo questa primavera, basato solo sulle città. I posti hanno un anima che ci nutre e ci prende, vanno cantati.
Che poi l’ascolto si apre con “La verità”: cos’è per te la verità?
Questo brano ha molto valore per me. Mi capita spesso di sognare musica e, non chiedetemi come mai, di solito la mia interlocutrice è Irene Grandi. Ci siamo io e Irene e lei mi fa ascoltare le canzoni. La mattina me le ricordo le canto sulle note vocali del telefono e quasi sempre sono canzoni che non mi piacciono. Tuttavia capita che ci siano dei pezzi invece importanti. “La verità” l’ho sognata proprio così, ma senza Irene Grandi. Il ritornello l’ho registrato subito e poi mi sono detto che l’indomani avrei sviluppato il testo. Tuttavia non riuscivo a prendere più sonno perché il sogno era molto significativo allora ho scritto esattamente quello che vedevo. Era un momento piuttosto complicato per me. Ovviamente i miei vicini hanno molta pazienza. Riguardo il tema della verità, nel mio inconscio è quello che ho cantato, ma lì è la casa delle paure. Nella mia mente invece è speranza.
Belli gli arrangiamenti elettronici di “Volare via”. A proposito con l’elettronica, viste le mode del momento, che rapporto hai?
Grazie, sono merito di Mattia Cominotto (Meganoidi/Od fulmine). Buoni, mi piace la musica elettronica, ma a prescindere dalla moda. Gli arrangiamenti del quarto disco, che registreremo il prossimo inverno, saranno probabilmente tosti di elettronica. Ora sento ancora l’esigenza di una chitarra in mano.