Da La Municipàl ad un lavoro personale che a quanto pare sembra essere una confessione che si dividerà in 3 appuntamenti. Dunque una trilogia che, ci dicono, non ha alcun obiettivo mediatico, di tour e, a quanto pare, neanche un supporto fisico. Solo canali digitali come di consueto per godere e lasciarsi immergere dalle visioni acide e dagli impulsi estetici di Carmine Tundo. Questo primo disco si intitola “Nocturnae Larvae Volume Uno” in cui troviamo 12 inediti e una tredicesima traccia a chiudere già presente in un disco del duo salentino. Ma facciamo un breve passo indietro: sono mostri e sono ombre i protagonisti di queste canzoni / composizioni, sono confessioni, sono notturni silenzi, sono momenti di psichedelia poetica e sono estetiche assolutamente randagie. Non esiste una regola. E non siamo qui a cercarla. Solo il genio compositivo di un artista davvero interessante di questo nuovo panorama italiano.
Un disco di sfogo visionario. Un viaggio personale. Il primo capitolo di una trilogia che in fondo ha solo lo scopo di esistere. Che necessità ti ha condotto in questo progetto solista?
La necessità di buttare fuori alcuni fantasmi che causano le mie insonnie, in un percorso quasi terapeutico durato qualche anno, ogni traccia che registravo era un capitolo chiuso.
Ad ascoltare questa musica e poi un disco de La Municipàl direi che si ha di fronte una trasgressione di eventi e di aspettative assolutamente traumatica. Come convivono questi due mondi lontani?
Convivono per forza di cose, ognuno di noi ha diversi lati del carattere, La Municipàl rappresenta la mia parte più romantica, in questo disco invece viene a galla la mia parte più oscura, e in altri progetti verranno fuori altri lati di me. Fare musica è un po’ come scoprire se stessi, e spesso lasciandosi andare posso uscire cose veramente interessanti di cui non avevamo idea.
Esiste un filo conduttore tra le due facce di Tundo?
Sicuramente il bisogno di solitudine, che è anche una condizione necessaria per il mio modo di produrre musica, lo stare bene nello stare male.
I suoni. Parliamo dei suoni di questo disco. Composizioni acide… come nascono?
La maggior parte dei suoni del disco sono dei campionamenti di rumori, poi processati e riprodotti ritmicamente fino ad ottenere il sound pieno di tensione che avevo in testa, quindi dei rumori possono diventare delle batterie e dei lamenti dei violini, poi c’è tutta la fase di sperimentazione sintetica che mi ha divertito molto, come anche l’uso di distorsioni acide sulle varie tracce.
E il video di “Lychaon”: ci restituisci una chiave di lettura che possa aiutarci?
Una mia chiave personale è quella di doversi confrontare con la propria parte animale che a volte viene a chiedere il conto, si cerca spesso di tenerla a bada, ma bisogna ascoltare a volte i rumori che ci circolano nel cervello, prima che diventino troppo assordanti.
Niente tour immagino. Altro?
In realtà faremo una breve anteprima il 26 luglio al “Sei festival”, poi una volta uscito il secondo volume si penserà al live.