Amanti del post rock, c’è un EP, uscito lo scorso 2 marzo, che qualora fosse sfuggito ai vostri radar andrebbe recuperato. Follow Me When I Leave, pubblicato per Tempura Dischi, è il primo mattone dei Babel Fish – prima di questo solamente le prove generali con una demo, in termini di lavoro in studio -, quartetto modenese in attività dal 2015.
Quattro tracce molto omogenee tra loro, legate da una connessione invisibile, per venti minuti di completa immersione e sospensione in un ambiente impalpabile. Apre le danze “Morning Birds”, che ci proietta già dall’intro in una dimensione sonora fluttuante, costituita di arpeggi continui e bassi progressivi, pronti a convergere nei crescendo finali, in cui il suono esplode attraverso distorsioni e dinamiche più decise. Questa architettura di stampo marziale, con inizi sobri e dondolanti, quasi spogli di sovra elementi, e finali intrisi di tessiture sonore, è il filo rosso dell’intero lavoro. “Tgd” cavalca l’onda e prosegue sulla linea tracciata in precedenza, raggiungendo anche una deriva alt rock. Ma il punto di maggior coraggio della band è nella terza traccia dell’ep, “Veins”, interamente strumentale e sferzante fin dagli albori. La conclusiva “Follow Me When I Live”, la title track, erge imponenti muraglie sonore che rimandano parzialmente allo shoegaze, con le due chitarre che intrecciano arpeggio ipnotico, distorsione ed assolo, la batteria a dettare ordine e la voce ad arrampicarsi, in questi audaci sette minuti e mezzo finali.
I Babel Fish hanno voglia di esplorare i vasti spazi del post rock, improvvisando in sala e trasportare poi tutto su disco, senza porsi limiti di alcun tipo, musicali o commerciali che siano. E questo va bene.