• di Gianluca Grasselli •
La finta rivoluzione della trap è destinata a scomparire in un tempo relativamente breve e a sancirne la fine saranno proprio i suoi protagonisti.
È un piano riuscito alla perfezione quello messo in atto da personaggi come Charlie Charles o Sfera Ebbasta, tanto che, alla fine, quasi tutti si sono convinti che ciò che stanno facendo sia davvero rilevante per la musica o, in qualche misura, rivoluzionario.
Il vero colpo di genio è stato riuscire a ribaltare la frittata: far diventare il prodotto più mainstream e conformista del momento come un episodio significativo, quasi storico nel panorama musicale nostrano. Perché, senza esagerare, di trap se n’è parlato in questi termini: il nuovo rock, la voce generazionale ed i suoi personaggi dal look disturbante, la musica italiana finalmente al passo coi tempi. Come se per dimostrare qualcosa a qualcuno andasse bene accodarsi al primo vagone di musica di merda che passa. Ecco, d’altra parte, il secondo modo in cui se n’è parlato con una costanza maniacale: male, a male parole, al veleno.
E questo è, senza ombra di dubbio, il primo punto andato a favore della trap. È riuscita, più di ogni altro nuovo fenomeno, ad estremizzare le opinioni e di conseguenza, nel bene o nel male, è stata ovunque e sulla bocca di tutti. D’altronde come non parlare di un qualcuno che è riuscito a fare i numeri fatti dalla Dark Polo Gang? Non parlarne sarebbe da stupidi, ma quando l’esplosione è subitanea e potente è anche complesso riuscire a parlarne con onestà.
La seconda mossa azzeccata è stata quella di guardare fuori confine per una Santa volta e rendersi conto dell’esistenza di un certo tipo di musica che, ormai da qualche anno, fa i grandi numeri in termini di vendite e visualizzazioni più o meno ovunque nel mondo. Furbo e vincente si, ma lungi dall’avere anche una vaga parvenza di rivoluzione. I vari Charles o Luke hanno preso i fondamentali della trap e con un’innegabile bravura li hanno riportati immutati nelle loro basi. Se avete trovato qualcosa di innovativo in tutto ciò, allora siete facilmente impressionabili.
C’è poi la finta trasgressione, anche questa sensazionalistica o resa tale da qualche giornalista probabilmente un po’ troppo avanti con l’età, anagrafica o mentale. Suvvia, è il 2018 e, davvero davvero, consideriamo trasgressivo, disturbante, ribelle, un ragazzotto coi denti doro, i capelli colorati e i tatuaggi in faccia? Ma come, non dovevamo essere quelli che “ormai non abbiamo nulla da invidiare agli americani”? Questi look, oggi, oltre ad essere pienamente accettati da un paio di generazioni, non sono più iconici come un tempo, né manifesto d’un qualche tipo d’espressione artistica (figuriamoci), ma sono il vessillo del conformismo. Così innocui che hanno bisogno di elementi di contrasto per dare nell’occhio, come nel caso della Flying V messa lì nella foto di Sfera, “hey una chitarra elettrica!”. Quasi viene da pensare che, ancora una volta, i cattivi ragazzi siano quelli coi capelli lunghi e un amplificatore.
Sul fronte dei testi nulla di nuovo. Insomma, temi come la figa o la maria possono a malapena essere considerati ancora attuali; sono degli evergreen, oserei dire. Stessa cosa per i soldi. Il mondo rap ha fatto questo per anni riuscendo a piantare radici ben più profonde nella scena italiana, anche se forse meno appariscenti. Vedi, qualche giorno fa, Roy Paci in diretta nazionale su Rai 1 con la maglia di Primo Brown, vero innovatore che, a suo tempo, portò un genere americano in territorio italiano, ma apportando del suo, creando una scena che oggi è ancora viva.
Molti dei testi trap sono uno statement di una condizione sociale, borghese in questo caso (abbiate pietà di me), così talmente sfacciato da essere ciò che meglio rappresenta la società consumistica in cui viviamo oggi. Senza malizia, ma cosa c’è di più scontato di un ragazzo che canta di quanto gli piace avere soldi, pussy e connessione? Credo che ad eccitarsi per questa roba siano solo quelli di una generazione più avanti con gli anni, magari la stessa che dall’Italia considerava i Pistols come l’emblema dell’anarchia.
Nulla di male, per carità, nessuno chiede di parlare del conflitto israelo-palestinese o di qualsiasi altro tema impegnato, ma, eccoci di nuovo sul punto, dove cazzo è l’innovazione, dov’è l’aria di rivoluzione musicale che tanto ci hanno propinato?
A parlarne con onestà, senza astio di sorta, emerge chiaro come la trap sia un fenomeno preso in toto da altri (tutto è derivato sia chiaro), già vecchiotto di per sé, che non ha nulla di innovativo in termini di sonorità, produzioni, nulla di trasgressivo parlando di look, di testi. È, anzi, così conforme al nostro tempo da essere innocua per chiunque. Ma allora perché tanto successo ?
In primo luogo perché è una musica che funziona, diverte, è orecchiabile, un modo alternativo per fare pop se vogliamo.
Perché offre un’immagine attraente ai ragazzi facilmente suggestionabili di una certa età, quel successo fatto di soldi, sperpero, dell’eccesso, superficiale perché non ha nulla a cui pensare. E questo ha giocato un ruolo fondamentale in un momento in cui un’enorme fetta della musica, underground e non, è in mano a musicisti che hanno fatto del disagio, dell’essere un po’ sfigati e impacciati il loro essere vincenti. Insomma, è anche ragionevole che ci sia qualcuno che senta il bisogno di ritrovarsi in un artista spudoratamente figo che parla di fighe e che non si vergogni di avere successo e la trap ha colmato questo vuoto offrendo una valida alternativa.
Ciò non toglie che, come detto in principio, la trap è destinata a scomparire senza lasciare macerie. Presto i suoi adepti si romperanno i coglioni di sentir parlare di iPhone o di soldi e cercheranno altro altrove. Portandosi appresso il nulla contenutistico della trap, scelta che, dopotutto, ne ha anche determinato il successo.
La brutta notizia ?
Chi ha sfondato con la trap non sarà un genio della musica, ma certamente lo è del marketing. Aspettiamoci, quindi, una ritirata e un cambio di rotta, docile e indolore. Direzione ? La prossima tendenza del momento.
Intanto noi aspettiamo ancora la rivoluzione.
Volevo commentare anche se sono in ritardo di un anno praticamente,allora io sono dell’idea e lo ripeterò all’infinito che l’Italia a livello musicale è come che vivesse in un mondo suo.Aldilà della trap in se c’e un discorso culturale da fare,ovvero che in paesi come la Francia i paesi latini o negli States ma anche in Germania la trap così come l’hip hop inteso come cultura hanno stanziato delle radici e sono generi che continueranno per tanto tempo sono l’abitudine non sono una moda come da noi .Faccio un esempio pratico a me non piacciono ma in Francia gente come Kaaris, booba o rohff ci sono da anni e sono ancora seguitissimi, non è come qua che il rapper di turno è popolare quei 2-3 anni e poi sparisce dalle scene o comunque i riflettori li tirano via.Provo a spiegarmi meglio, negli altri paesi dove questi generi sono al top di popolarità ci sono decine di artisti che fanno numeri in termini di visualizzazioni da capogiro solo in Francia saranno almeno una 15na i rapper che fanno almeno quei 10 milioni di visualizzazioni,poi ci sono quelli da 30-40 mln in su,lo stesso discorso vale per la scena tedesca o spagnola o Latina ma Latina non intendo porto Rico intendo proprio Messico Colombia Venezuela Argentina Cile in tutti questi paesi ci sono rapper che sono delle vere star nel loro paese e soprattutto sono seguiti anche da gente più adulta e non se ne vergognano. Da noi invece a 40 anni una che ascolta la trap o il rap verrebbe preso per il culo dai suoi colleghi o amici,o da una fidanzata o moglie verrebbe ritenuto immaturo e un tipo poco apposto.Spero di aver spiegato bene il concetto che volevo esprimere per me il problema è culturale italiano