di Vincenzo Gentile.
Togliamoci subito il dente. Hanno partecipato a X-Factor e sono arrivati secondi all’edizione del 2009.
Ripetuto questo concetto “wikipediano” fermiamoci un attimo a parlare dei The Bastard Sons Of Dioniso oggi. Incontrarli dietro le quinte del loro concerto di Roma a Largo Venue è stato piacevole e interessante. Una lunga chiacchierata che mi ha permesso di togliermi qualche curiosità.
L’esperienza televisiva li ha catapultati in un universo mediatico frenetico e luminoso (nel senso meno romantico del termine), spenti i riflettori quei bravi ragazzi si sono organizzati e hanno continuato a produrre e fare musica, senza stravolgere il proprio modo di essere.
Nel mondo musicale “noi siamo isolati, come in una sfera, siamo noi tre che facciamo le cose direttamente, come se fossimo l’etichetta di noi stessi. Non facciamo parte di nessuna ondata, facciamo quello che sappiamo fare e abbiamo la libertà di farlo. Questo è un grande privilegio.”.
Nel nuovo disco“Cambogia” si percepisce il carattere singolare, particolare, forse unico dei TBSOD, un disco che celebra il ricordo di Gianluca Vaccaro, tecnico del suono e produttore di molta della bella musica italiana, da poco scomparso, “distingueva sorridendo gli artisti più confusionari o i prodotti musicali più esplosivi e disordinati”.
“Cambogia” è sinonimo di caos. È una forte metafora per descrivere la guerra che ognuno conduce verso se stesso. Una guerra contro la confusione del mondo “social” fatto di apparenza più che di essenza. Il merito legato ai “like”, le storie su Instagram, i filtri fotografici, tutte dinamiche a cui hanno dovuto fare fronte trovando il giusto equilibrio.
Il nuovo album è il frutto di un lungo lavoro, fatto di tanti concerti, idee buttate lì e poi riprese. I BSOD hanno fatto fruttare le proprie esperienze regalandosi la soddisfazione di creare uno studio “in casa”. Questo consente a qualsiasi musicista di gestire tempi e creatività con grande serenità, che alla lunga paga sotto l’aspetto della qualità.
“Pensa che non abbiamo mai usato una parolaccia nei nostri brani” mi confessano.
Allora ho strappato loro una promessa: creare un disco solo di parolacce, chissà questa scelta come si rifletterà sui social.
Intanto mi riascolto l’album con un sorso di Valkirija, la birra prodotta dal Birrificio Plotegher che ha un’etichetta particolare dove campeggia in grande la scritta “Cambogia” con i colori arancio, nero e bianco che riprendono la copertina dell’album.