di Giacomo Daneluzzo
Riuscire a essere al passo con i tempi, sapersi rinnovare e seguire i cambiamenti del panorama musicale è forse una delle maggiori difficoltà di un artista. Specialmente se si parla di uno come Zibba, con ben sette album alle spalle e – si sente – la voglia di non ripetersi.
Il suo ottavo album, Le cose, uscito per la neonata etichetta Platonica, è il risultato di una ricerca tanto acuta quanto estrosa, un filo rosso che collega mondi della musica italiana apparentemente distanti. Per citarne alcuni, “Quando stiamo bene”, dove la voce roca e profonda di Zibba duetta con quella delicatissima di Elodie, su una base elettronica prodotta da Mace (lo stesso produttore di hit come “Pamplona” di Fabri Fibra), o ancora l’intreccio tra sintetizzatori e l’inconfondibile chitarra di Alex Britti in “Le cose inutili” e l’impronta del poliedrico produttore hip hop Big Fish nella musica di “Niente”, sulle cui note Zibba e un malinconico David Blank cantano di “luoghi comuni incastrati in uno stupido presente”. Notevole anche la traccia finale del disco, “Un unico piccolo istante”, la cui musica, scritta dal compositore Giorgio Mirto, spazia da un genere all’altro.
I testi di quest’album sono immagini sognanti, frammenti di vita quotidiana, dialoghi e riflessioni sulla musica, sul tempo e sui sentimenti. Sono persone che chiacchierano affacciate alla finestra della “camera non-fumatori” di un hotel, in cui ci si può interrogare su quale sia l’”utilità del posacenere in albergo, se non si può fumare”. L’enigmatico titolo dell’album, Le cose, sembra non voler dare indicazioni precise, ma piuttosto – un po’ come succede con i testi – uno spunto universale, che ognuno possa interpretare soggettivamente.
“Quando abbiamo smesso” è l’unico testo scritto interamente da uno dei numerosi ospiti del disco, la cantautrice Erica Mou, che con la sua voce intensa lancia uno sguardo nostalgico al passato. Oltre a quelli citati, nella tracklist vi sono nomi storici come Marco Masini e giovani come Chantal e Diego Esposito.
Un plauso va anche a Simone Sproccati, che insieme allo stesso Zibba ha sperimentato contaminazioni elettroniche e non, producendo un album tutt’altro che banale: una sperimentazione intelligente, che non eccede nella stranezza ma neanche in un pop fatto solo per piacere a tutti.