Quanti artisti decidono di cominciare la propria carriera cantautorale con una trilogia? Non molti, anzi pochissimi, e VonDatty è uno di loro. Figlio della provincia romana, il “Barone” è arrivato al terzo e ultimo appuntamento di questa sua storia in tre puntate: “Ninnenanne”, fratello dei due precedenti “Diavolerie” (2012) e “Madrigali” (2014).
Ognuno di questi album ha un anima differente, con il primo ricco di interessanti sperimentazioni con gli strumenti giocattolo e il secondo schizofrenico e votato totalmente alla rabbia e al rock stile anni ’90. Un’evoluzione artistica non indifferente, priva di gabbie dalle quali cercare di scappare, completamente libera di esprimersi.
E quindi cosa aspettarsi da questo ultimo lavoro? Altra sperimentazione? Ancora strumenti inusuali o un genere del tutto nuovo? Beh probabilmente sarebbe stato lecito qualcosa di bizzarro, e invece VonDatty ci stupisce con la semplicità, mischiano di nuovo le carte in tavola e consegnandoci un disco tutto sommato “normale”, “standard”, con molti strumenti acustici e melodie semplici, proprio quello che ci si aspetta da un cantautore.
E’ un disco, questo “Ninnenanne” piuttosto coerente nell’arco degli undici brani che lo animano, con una produzione che non brilla e non tradisce, degli arrangiamenti che cercano di creare un’amalgama precisa e costante e dei testi “d’amore e di fantasmi”. Sappiamo dallo stesso autore, che il lavoro per giungere al risultato finale è stato lungo, nessuno dei partecipanti alle sessioni di pre-produzione aveva sapeva dove si sarebbe arrivati, e l’approdo è stato lo sbocco da un periodo di profonda crisi artistica. Si sente chiaramente la volontà di trovare un sound non solo più morbido rispetto al diretto predecessore, ma più maturo, più “da grande”.
Il risultato è arrivato, non c’è dubbio, ma il disco sembra non averne giovato più di tanto, e rimane fermo e paziente su un canone che non si sposta mai dal fuoco, tutto teso a realizzare una struttura compiuta, a raggiungere un porto sereno e tranquillo ma senza colpi di scena.
L’album rimane assolutamente piacevole all’ascolto, con buone idee, ma nel complesso un pizzico fiacco, senza veri lampi di luce.
VonDatty ha parecchie carte da giocarsi, e l’ha dimostrato nel corso di questi primi tre album in studio: un’artista dalle mille sfaccettature, audace e camaleontico, ma che forse ha peccato, in questo “Ninnenanne”, un po’ troppo di modestia.
Francesco Pepe
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