Esordio solista per il portavoce degli Entourage. Esordio indie, d’autore, di un rock soffice quasi pop che arriva dritto al punto: si intitola “Piramidi” questo disco di Luciano Panama che gioca con libertà espressiva e carattere forte su melodie semplici ed accattivanti. Resta alla mente l’inciso ricorsivo del singolo “Le Ossa” di cui troviamo un bel video in rete. E poi ancora i momenti quasi punk nell’anarchica introduzione di “Man” facevano sperare in un cambio di rotta che invece si rivela essere ancora una prova di pop rock alla indie maniera dove forti sono i richiami con Appino e quel certo mood di girare per le strade della propria città. Forse il vero ed unico fuori tema di stile è nel brano “Hey My (all’improvviso)” dove il nostro accenna un rock più di maniera, quasi un brano che si scolla dal resto dell’ascolto, che si colora anche di una tromba nel bel mezzo della lunga coda strumentale dalle forti tinte americane. Dalla sua Panama ha una bellissima scrittura, forse ancora troppo acerba soprattutto nelle liriche sognanti ed adolescenziali, ma di certo il suono e lo stile hanno carattere e personalità assai incisive. Sono 8 inediti: sono 8 potenziali singoli. Un buonissimo ascolto…
Il bel “pop” italiano arriva a contaminarsi di tutto. E dagli Entourage a questo progetto solista direi che di metamorfosi ce ne sono state. La prima grande novità espressiva che hai celebrato?
Probabilmente aver trovato un linguaggio che sia più comprensibile per tutti, mantenendo sempre le mie principali aspirazioni: qualità e contenuto! Credo di essere cresciuto sotto tutti i punti di vista, forse la novità vera è aver suonato e registrato basso e batteria. Ma la novità espressiva più importante e completa è sicuramente l’album nel suo intero. Più che di “pop” parlerei di “rock” italiano (ma anche internazionale) che si contamina con il blues, il cantautorato, il folk, la psichedelia, il noise, il funky ed il pop. Aver scritto suonato e prodotto tutto da solo (anche se con l’aiuto di Matteo Frisenna e Giovanni Alibrandi per le parti di tromba e violino) rendono Piramidi il mio presente e la mia voce e i testi sono più centrati, più dritti, per me più convincenti.
Col senno di poi: il lavoro solista è stata una liberazione compositiva o un compromesso di possibilità?
Direi entrambi gli aspetti! Sono stato molto libero dal punto di vista compositivo, della produzione, degli arrangiamenti e del missaggio e ne avevo voglia, mentre quando si lavorava in gruppo ogni scelta era dettata da tanti fattori che assecondavano le caratteristiche di ognuno. Ma la scelta di fare un disco solista è stata anche determinata dal fatto che Entourage ha subito dei forti cambiamenti, che mi hanno spinto a scegliere questa strada. Ho fatto di necessità virtù.
E con gli Entourage che storia resta?
Dentro di me resta sicuramente una grande esperienza di vita! Abbiamo trascorso tanti anni insieme ed affrontato tanti problemi, tante scelte, ma anche tante cose belle, eccitanti. Restano dei bei concerti, intensi, fatti con passione e con la voglia di scrivere qualcosa di sensato. Restano delle belle canzoni, che probabilmente continuerò a suonare nei live, perché chi le ha conosciute ed ascoltate ha voglia di risentirle. Insomma un pezzo di vita da cui ho imparato tanto.
“Le ossa” è un grandissimo pezzo. Ci piace proprio tanto. Eppure non penso sia il vero rappresentante di tutto il disco. Non trovi? Se ti dicessi “Ti solleverò”?
Credo che sia “Le Ossa” che “Ti solleverò” rappresentino solo una parte dell’idea di sound che ho in testa. Il rock è stato sempre alla base della mia vita, e credo che rimarrà così, ma crescendo mi sono accorto che avevo bisogno di esprimere anche altro. Già negli altri dischi (con Entourage) avevo provato a produrre i pezzi in modo diverso, mi annoio facilmente, non amo le band che hanno un unico sound soprattutto ai giorni nostri, mi piace variare, contaminarmi, voglio che il mio linguaggio sia il più vario possibile, non voglio chiudermi delle porte, ma aprirle! Quindi non amo avere dei pezzi rappresentativi ma più che altro un disco ed in questo momento Piramidi lo è nel suo completo.
In chiusura: della tua città, della tua provincia, del tuo modo di vivere: questo disco ne è una rappresentazione o una visione utopistica?
Direi una rappresentazione del mio modo di vivere, ma io sono un sognatore ed i sogni, che fanno parte della mia vita, contengono a volte delle visioni utopistiche, quindi assolutamente sì: il disco contiene tanta vita vissuta ma c’è anche tanta fantasia!