Arrangiamenti sontuosi e una voce cristallina sono gli elementi alla base di “Verso le meraviglie”, secondo album degli Stag, uscito a marzo per l’indipendente INRI. La band romana ci ha impiegato ben cinque anni per concludere il viaggio che conduce alla scoperta di orizzonti interiori e di una sensibilità inesplorata, arrivando oggi, con questo disco, a tracciare nuove rotte. Già la copertina svela, in allegoria, quella ricchezza (ai limiti del sovrabbondante) che si ritrova ascoltando le dodici tracce di “Verso le meraviglie”. Gli Stag aprono le porte di un album pieno di sonorità e fitto di parole: circa 45 minuti di ascolto in cui si passano in rassegna stili e generi musicali, flirtando con tutto ciò che è nuovo e catchy. Dal pop più genuino architettato con perizia che percorre la maggior parte delle tracce, alle trombe di retaggio balcanico e alle sonorità folk di “Oh Issa!”, per arrivare alle volute rock di “Le mie ombre”, attraversando il corridoio elettronico di “The Helm”, con cori che ricordano degli alt-j in stato di grazia. Il cantato di Marco Guazzone divide quasi equamente in due il disco: con sette brani in italiano e cinque in un inglese convincente, i testi riconducono al campo semantico del viaggio come acquisizione di consapevolezza, con picchi di ottimismo (“Voglio vederti volare/Tieniti pronto a saltare”, “Mirabilia”) e inevitabili parentesi romantiche, come quella del feat. “Vienimi a cercare”, brano stucchevole al punto giusto, arricchito dalla voce dell’attrice Matilda De Angelis. Tirando le somme, le melodie, i testi e l’utilizzo dell’inglese, probabilmente, sono la punta dell’iceberg di un progetto ambizioso (e con le carte in regola per esserlo) che spinge lo sguardo verso mercati esteri. “Verso le meraviglie” è un prodotto pop ben confezionato, figlio di questo periodo storico, ma libero dall’ansia di rincorrere ossessivamente il momento per fotografare il qui e ora.
Letizia Dabramo