Da uno sguardo veloce alla copertina, chiara, lineare, immersa nella totale essenzialità, mai ci aspetteremo quello che Sarah Dietich, artista romana laureata in canto lirico, riesce a comunicarci in soli otto pezzi. “Una storia mia”, suo debutto come solista, non è una banale commedia d’amore, né un concept album dalla trama scontata.
Basta premere play per sentirsi immediatamente catapultati in un mondo etnico, fatto dalle impressioni e dalle emozioni di una donna in viaggio. Iniziamo ad ascoltare e, subito, capiamo quanto la storia che l’artista racconta sia davvero “sua”, sentita.
Fin dalle note di “Non so dire ciao” ci ritroviamo su un vagone di un treno, con l’aria in faccia e il caldo che ci sconvolgono. Non sappiamo quale sia la rotta: sono i testi ad avere il controllo della situazione, e sanno esattamente fino a dove vogliono condurci.
Un ritornello accattivante e una sofisticata padronanza della voce sono le giuste carte per trasmetterci libertà, voglia di vivere, paura e attesa trepidante di ciò che sta per succedere.
Ma Sarah sa essere non solo questo.
La cantante non vuole mostrarci solamente la facciata esteriore della sua vita, lo spirito d’avventura. Il treno si ferma: le note di “Non sto male” provengono dal suo lato insicuro, in un fantastico alternarsi di voce leggera, falsettata e parti piene. La lotta emotiva è evidente, la lotta di una giovane donna che cerca di dominare la vita, ma che, talvolta, ne è dominata.
La corsa piena di vita di questo disco non finisce qui. Con la sesta traccia la cantante torna di nuovo “Implacabile”, imprendibile, piena padrona di se stessa. Le immagini ricominciano a scorrere attraverso i finestrini, nell’accettazione totale e partecipe del viaggio, della vita. È il testo stesso a parlare: “Non c’è più spazio per i ricordi lenti” . È lei a dettare le regole del gioco, e ce lo ricorda ancora sul ritmo rallentato di “Adieu”.
Sofisticata nell’esecuzione, leggera e abile, Sarah ci racconta la storia dei suoi amori, analizzati in ogni loro aspetto, nell’alternarsi di un perfetto controllo vocale e una forte libertà emotiva.
Un viaggio così scosso ed interiore, tuttavia, non potrebbe che chiudersi con il finale metafisico che ci è offerto. Accompagnata da un arrangiamento di pianoforti e archi, fra sogno e realtà, vediamo, giunti alla fine della corsa, la pura libertà : il treno ha preso il volo.
Eleonora Pepe