E a dirla tutta non è il mondo digitale l’unico ingrediente della ricetta d’esordio de Lo Yeti. Anzi, per molti tratti del disco si respira davvero musica fatta di terra e di mani. Si intitola “Le memorie dell’acqua” questo primo disco di Pierpaolo Marconcini che sfoggia la bellissima collaborazione in produzione di Angelo Epifani. Un bellissimo ascolto ricco di personalità, di carattere, di solidi punti di vista e sicurezza espositiva. Melodie per niente banali intrise di artigianato letterario che rincorre figure pittoriche piuttosto che banali fotografie. Dopo un primo Maggio sostanzialmente sterile ci riprendiamo un po’ di bellezza reale. Forse per godere della bella musica italiana, di quella nuova, dovremmo volgere lo sguardo altrove. E Lo Yeti sembra dircelo anche in questo singolo di lancio “Amore Bufalo”.
La mia prima curiosità è banalissima ma non posso reprimerla. Perchè LO YETI?
Perché è un essere che si concretizza sulla base della nostra esperienza. Le sue sfaccettature cambiano a seconda del nostro vissuto, del nostro percepito. Una rappresentazione manifesta della nostra fantasia insomma. Questo volevo valesse anche per me, come artista e per la mia musica. E poi mi piace il suo lato naif, che credo rappresenti anche quello che faccio.
Lo Yeti è come il Bufalo? Una contrapposizione tra dolcezza, romanticismo e istinto animale che fa paura?
Si, infatti è abbastanza rappresentativo come primo singolo. Un intreccio di maschere differenti, che non vogliono mirare a un allontanamento del musicista, quanto a poterlo raccontare da diversi punti di vista. Quello che scrivo, nelle canzoni, è la parte più delicata di me e per farla uscire ho avuto bisogno di guardare da fuori, per capire meglio cosa ci fosse dentro e per darle un vestito adeguato, ma che non ne togliesse l’urgenza espressiva, che mi piace possa essere colta nelle mie parole.
Ma Pierpaolo Marconcini quanto somiglia allo Yeti?
Parlare di alter ego è abbastanza banale forse, non vorrei cadere nella macchietta fumettistica, ma potrei dire si assomiglino quanto ce n’è bisogno. Nella mia vita faccio anche altre cose, per cui avevo bisogno di ritagliarmi una figura che potesse riempirsi di sola musica, lasciando fuori tutto il resto. Non è tanto un costume che mi metto, quanto uno che mi tolgo di dosso, scoprendo quella parte di me che nessuno conosce, a volte neanche io.
Fammi fare una riflessione: “Le memorie dell’acqua”…ma l’acqua non ha memoria, l’acqua lava tutto e porta via…
…L’acqua lava tutto e porta via, esattamente. Proprio questo mi affascina, il suo saper cancellare e il suo saper trasportare; un ossimoro. Quando lasci qualcosa all’acqua, al suo scorrere, è qualcosa che non ti serve più, perché l’hai già fatta tua, compresa. Così le mie parole: avevo bisogno di raccontare e raccontarmi tante cose, per capirle meglio, perché me le ero sempre negate, per poi lasciarle andare. Magari arriveranno a qualcun altro.
Le “memorie” in questi brani, sono anche le forme in cui essa si rappresenta, come fiume, poi mare, poi neve, poi lacrime… facendosi leitmotiv silenzioso che tiene assieme tutti questi pensieri.
Elettronica. Ormai siamo immersi di elettronica. Per quanto questo disco sia anche molto suonato. Due frontiere ormai sottilissime. Dove finisce l’una e inizia l’altra?
Non credo ci sia più un confine o un decidere da che parte stare.
È di fatto una necessità espressiva: scegliere determinati strumenti o soluzioni musicali per poter raccontare nel modo migliore un sentimento. Credo ci sia anche una necessità artistica oggettiva, cioè quella di non rinchiudersi all’interno di generi e categorie prestabilite; certamente questo vale nel momento in cui si riesce a mantenere una ratio produttiva che non caschi nel cliché musicale, discostandosi cioè da mode radiofoniche e da classifica o pseudo tali.
Molto particolare questo video di lancio. Qual è la connessione tra le stelle e le memorie dell’acqua?
Per quanto possa sembrare tutto molto lontano, il comune denominatore è il cambiamento. Le memorie che lascio all’acqua sono le esperienze che sono riuscito a raccontarmi e a razionalizzare, che accetto e che dunque lascio andare, passando a una nuova fase di me. Nel video racconto, tramite le stelle, l’incessante sforzo nella ricerca di persone simili a noi. Siamo stelle che cercano altre stelle, ma a volte mettiamo tra noi troppi “strumenti” che ci raffreddano, quando a volte basta guardare semplicemente con gli occhi per vedere la nostra luce.