Fino all’ultimo momento, nei cunicoli nascosti che attraversano la foresta della promozione musicale, si erano rincorse voci allarmate. Si diceva che qualcosa potesse andare storto. Che il Quirinetta potesse non essersi ancora liberato dei legacci burocratici che l’avevano tenuto chiuso due mesi per presunte difformità, e in definitiva che il concerto del 24 marzo rischiasse di saltare.
Sarebbe stato difficile da spiegare a tutte le persone in fila fuori dal locale per aggiudicarsi un biglietto, e ancora di più a quelle che l’ingresso lo avevano già acquistato, per non rischiare di perdersi un evento che già si annunciava sold out. Per fortuna il sole di venerdì ha dissolto tutte le incertezze, e la festa annunciata si è potuta celebrare. Non solo quella del Quirinetta, che torna a proporsi come uno dei principali punti di riferimento per la musica dal vivo a Roma, ma anche quella di Giorgio Poi, che si presenta solo col suo nome (appena appena limato), nella città che ha ospitato agli anni della sua adolescenza.
Alle spalle un’esperienza internazionale non ancora conclusa, ma soprattutto il vero protagonista della serata: Fa Niente, il disco solista d’esordio pubblicato poco più di un mese fa. Dell’album in realtà si parlava già da qualche mese, dall’uscita in rete di uno strano videoclip, e non stupisce l’attesa di vedere finalmente all’opera il ragazzo che scarrozzava Luca Marinelli in motorino per un viaggio psichedelico, sulle note di un brano tanto orecchiabile quanto disorientante. Sul palco assieme a lui salgono un batterista e un bassista. Si tratta di Francesco Aprili e Matteo Domenichelli (lo specifico a beneficio di qualche ragazzino con la testa ottenebrata dai meme e il coro facile), già membri dei Boxerin Club, e incaricati di trasportare sul palco le complesse ritmiche che caratterizzano il disco. Si parte nell’unico modo possibile, con le atmosfere plumbee e le liriche sinistre di Paracadute, per poi iniziare a far salire il ritmo (e a cantare il pubblico) con Acqua Minerale e L’Abbronzatura. I brani navigano in un tappeto sonoro che riprende i temi strumentali dell’album, o si trasformano in jam “cosmiche”, nelle quali si può vedere Poi zufolare, gli occhi quasi sempre chiusi, in un mix di trasporto e introversione.
I singoli – è chiaro a tutti – arriveranno alla fine, e quindi si passa all’indie pop di Le Foto Non me le Fai Mai e Doppio Nodo, musica per scaldare il cuore e ondeggiare la testa a tempo. Fa Niente ha molti pregi, ma la durata non è esattamente uno di questi, e quindi per raggiungere un minutaggio sufficiente si passa prima alla proposta di un inedito ancora fumante di forno, e poi alle cover: un capolavoro del passato e un brano in grado di trasformare l’indipendente in mainstream. Il Mare D’Inverno di Enrico Ruggeri e Aurora de I Cani conquistano il pubblico, che fino alla fine del concerto non smetterà più di cantare. Anche perché hai detto prendo tutto e vado via: accolta da un’ovazione arriva Niente di Strano, il brano più atteso, vissuto all’unisono dall’attacco fino alle reprise che allungano e reinventano la coda strumentale. Manca solo un pezzo, ossia Tubature, il secondo singolo estratto dall’album. Le vie tortuose della melodia hanno smesso definitivamente di fare paura, e tutto il Quirinetta si unisce in una sola voce, chiudendo in bellezza il concerto. La musica diffusa dagli altoparlanti chiama il “rompete le righe”, ma a sorpresa c’è tempo per un bis, in questo caso nel senso più stretto del termine: Giorgio Poi si congeda da Roma con una seconda esecuzione di Acqua Minerale. Al termine del concerto la sensazione è quella che si prova dopo aver ascoltato il disco: complessiva soddisfazione, con un pizzico di rimpianto perché tutto è finito troppo presto. La speranza è quella che Giorgio Poi, adesso che ha ritrovato l’Italia, non l’abbandoni tanto facilmente, e torni presto a riproporre la semplice complessità del suo cantautorato.
Luigi De Stefano