Quella di Davide Solfrini è una nuova dimensione di cantautorato. Tra rock, elementi blues, una leggera elettronica e rimandi al folk oltreoceano, l’artista cattolichino fonde generi distanti, dando origine ad un proprio stile al di là delle etichette comuni dal quale emerge una voce limpida ma al tempo stesso graffiante e una dura visione della realtà che ci circonda oggi.
“Vèstiti male” si apre con “Portiere notturno” in cui la vena elettrica di Solfrini esplode in una riflessione dolorosa e aspra sul mondo del lavoro e prosegue con i ritmi incalzanti di “Cose buone” dove a chitarra, basso e batteria si intrecciano synth su di giri.
Il disco cambia marcia con “Un giorno piove“, brano all’apparenza più scanzonato e al tempo stesso più disteso decorato con archi, un invito a trovare ancora qualcosa di buono in noi stessi, a fuggire dal grigiore esterno cercando qualche colore dentro di noi.
La vera e propria hit dell’album è proprio la traccia che dona il nome all’intero lavoro, arricchita con armonica e percussioni, un ritornello insistente e una falsa atmosfera allegra. Si ritorna a toni più introspettivi e malinconici con “Alto mare“, “ballata” amara con una sana rabbia rock alla base. Il cerchio si chiude con “Una volta ero un uomo diverso“, pezzo pop e riflessivo, pervaso di una strana nostalgia.
Il cantautore, con questo nuovo lavoro, getta uno sguardo disincantato ma speranzoso intorno a sé, atteggiamenti, pensieri, comportamenti che non vanno ma che possiamo cambiare in meglio se facciamo qualcosa. E lo fa con una commistione bizzarra di generi e strumenti che trascende il concetto stesso di “genere”.
Un album dalla personalità decisa, un nome interessante che spicca nella schiera dei cantautori italiani di oggi, un esperimento dal sapore vagamente internazionale ma rigorosamente made in Italy.
Uno stile originale, che (al contrario del titolo dell’album) sa vestirsi benissimo e abbinare ogni pezzo con precisione.
Francesca Marini