– di Riccardo Magni –
Il 21 giugno 1999 i Verdena esordivano con l’EP VALVONAUTA, in cui erano contenute la title track Valvonauta, Dentro Sharon, Bonne Nouvelle e Piuma.
Il primo atto del trio bergamasco formato dai fratelli Alberto e Luca Ferrari con Roberta Sammarelli, fu un esordio in decisa controtendenza in quello che era il primo giorno dell’ultima estate del decennio, del secolo, del millennio… In cui comunque imperversavano hit estive come Livin’ La Vida Loca di Ricky Martin, Vamos a la playa di Miranda e altre che fortunatamente non hanno lasciato troppe tracce nella memoria. Erano ancora le estati del Festivalbar, vinto quell’anno da Jovanotti con Un raggio di sole, piazzatosi davanti ad Alex Britti (Mi piaci), Eiffel 65 (Blue – Da Ba Dee), Enrique Iglesias (Bailamos), l’ex Spice Girl Geri Halliwell (Mi chico latino)… In un’edizione che aveva anche regalato le esibizioni, tra gli altri, di Red Hot Chili Peppers, Sting, Litfiba, Gianna Nannini, Piotta (che esordiva quell’anno da solista presentandosi col biglietto da visita di Supercafone tanto dirompente quanto riduttivo e difficile da scrollarsi di dosso negli anni a venire)…
I Verdena chiaramente non erano tra gli artisti in tabellone, ovviamente non commercialmente spendibili da esordienti assoluti e probabilmente nemmeno troppo adeguati a quel contesto, ma il 21 giugno del 1999 in maniera ancora non del tutto consapevole, aprivano un’epoca. Non esattamente quella dell’alternative rock italiano, che già da più di un decennio aveva costruito le sue solide basi (è davvero necessario citare ancora CCCP, Diaframma, Litfiba, Afterhours, Ritmo Tribale, Marlene Kuntz, Bluvertigo, Timoria, etc? Forse si…), ma proprio quella dei Verdena, presto indicati come degnissimi eredi di seconda/terza generazione di quella scena e portabandiera del rock alternativo italiano degli anni 2000, etichettati anche come i “Nirvana italiani”.
Pochi mesi dopo, il 24 settembre 1999, sarebbe uscito il primo album, Verdena per l’appunto, prodotto da Giorgio Canali, all’epoca chitarrista dei CSI dopo l’esaurimento dell’esperienza CCCP.
Seguirono negli anni altri sei album, l’ultimo dei quali in due volumi pubblicati nel 2015 (Endkadenz), mentre nel 2016 è uscito il magnifico split con Iosonouncane (EP in cui gli uni eseguono i brani degli altri) in cui i Verdena hanno reinterpretato Tanca e Carne, mentre Iosonouncane si è cimentato in Diluvio e Identikit.
Alberto Ferrari, voce e chitarra dei Verdena, oggi è impegnato in una delle proposte più interessanti della scena attuale, gli I Hate my Village, superband formata con Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion), Fabio Rondanini (Afterhours, Calibro 35) e Marco Fasolo (Jennifer Gentle).
Luca Ferrari invece, batterista, fa parte di un’altra eccezionale superband, i Dunk, con da Carmelo Pipitone (Marta sui Tubi), Ettore e Marco Giuradei, a cui si è aggiunto per l’ultima parte del tour il chitarrista dei Marlene Kuntz, Riccardo Tesio.
I Verdena però, nonostante la pagina Facebook ufficiale sia ferma dalla fine dell’ultimo tour nel 2016, non hanno mai annunciato la fine della loro attività ed il gruppo pur mancando dalle scene da tre anni, potrebbe riservare presto sorprese, dato che nel 2018 si vociferò anche di un loro ritorno in studio.
Vedremo, li aspettiamo speranzosi e nel frattempo, sentendoci come sempre un po’ più vecchi, celebriamo i venti anni da quel loro esordio che, soprattutto per noi nati negli ’80, ha segnato l’inizio di un’epoca: quella dei Verdena.