Dissacrante, provocatorio, decisamente politico in senso anche partigiano del termine questo “Circo Medusa”, il nuovo disco delle Queen of Saba. Il duo transfemminista passato agli onori della cronaca con un bellissimo secondo disco dal titolo “Medusa”, oggi gli restituisce nuova voce con collaborazioni preziose e una tracklist di remix decisamente interessanti. E poi gli ospiti: FUCKSIA, odioeffe, DJ Aladyn, Saturnino, Willie Peyote, LaQualunque, HÅN e veneregg. Il tour nascente che esordisce il 21 di marzo a Torino al celebre Hiroshima Mon Amour. È un manifesto programmatico con l’energia di chi non ha voglia di sprecare tempo in facili estetiche per la pubblica piazza compiacente. Insomma: “Circo Medusa” non è un disco per vecchi.
Una produzione interessante soprattutto dopo aver conosciuto “Medusa”. Come ci avete lavorato? In che modo avete accolto le “modifiche” alle linee originali?
In alcuni casi chiesto ad artistx amichx di provare a mettere mano a una canzone di loro scelta, senza indicazioni. In altri la proposta è arrivata direttamente da loro. Ricevere il prodotto finale è stato incredibilmente emozionante, era un suono nuovo, fresco, inaspettato.
Avete lavorato anche voi direttamente al suono finale? O avete lasciato carta bianca?
Lorenzo ha collaborato con alcunx di loro nella fase di mix e master, ma dal punto di vista artistico abbiamo lasciato completamente carta bianca.
Esiste un movimento artistico sempre più corposo e probabilmente Bologna ne è il centro. Penso alla Elastico Records, alle FUCKSIA che ritroviamo anche dentro questo remix. E tanto altro… che storia stiamo vivendo in merito oggi? Che cosa sta accadendo in tal senso?
Non conosciamo bene la scena di Bologna ma certamente le FUCKSIA sono un esempio importante di questo movimento artistico intersezionale che cerca di lasciare un segno anche nell’attivismo. Credo che più che di “centro” si dovrebbe parlare di “margine”, perché se è vero che nelle grandi città le energie si incontrano e producono arte più facilmente e velocemente, è anche vero che la spinta a cambiare le cose viene da fuori. Per esempio noi non abbiamo mai sentito il bisogno di trasferirci a Milano per “sfondare”, ci piace l’idea di costruire cellule di resistenza ovunque andiamo. Penso che molte realtà artistiche e musicali si stiano attivamente mettendo in discussione, sfidando il mercato discografico che premia chi rimane nel nazionalpopolare senza schierarsi troppo: siamo arrivatx a un punto di non ritorno, in cui prendere posizione è diventata una questione di umanità, e chi occupa delle posizioni di privilegio e delle piattaforme di libera espressione se ne sta prendendo la responsabilità.
Fare politica, provocazione, denuncia… con la musica… oggi ha ancora senso? Oppure, come qualcuno provocatoriamente ha detto: finisce in festa di carnevale? Nel senso di maschere e/o concessioni alla norma della pubblica piazza…
Il carnevale come sovversione delle norme vigenti è un concetto molto bello, che richiama un po’ anche quello del circo. Noi persone queer veniamo spesso tacciate di voler fare ostentazione fine a se stessa, ma la provocazione è un’arma che a volte credo sia necessaria. Siamo persone che vengono fatte sentire a disagio in una società che non ci assomiglia, quindi perché non creare disagio nelle persone che a questa società aderiscono senza problemi? Fare attivismo ha ancora senso perché il senso dell’attivismo è ribaltare il sistema, e finché non lo ribalteremo continueremo a lottare. Dalla rivoluzione sessuale degli anni ’60-’70 al movimento no global degli anni ’90-2000 fino ad oggi, la spinta verso la creazione di una società equa e solidale non si è mai fermata.
In che modo il suono del progetto Queen of Saba riesce a rappresentare quello che dite attraverso le liriche?
Nel caso di questo EP in particolare abbiamo dato ampio spazio a generi underground come la tekno e la drum’n’bass, più in generale la nostra produzione musicale credo rispecchi le nostre idee riguardo alla fluidità di genere.
E come avete scelto gli artisti da coinvolgere?
In molti casi erano persone con cui già desideravamo collaborare da tempo per comunanza di ideali o di sonorità, in altri la collaborazione è avvenuta in modo totalmente casuale, grazie a incontri fortuiti.