Esce oggi questo EP d’esordio dal titolo “3024”. Sulle prime, l’ostinato tetro incedere del suono sintetizzato poi celebra una voce dai colori che mi richiamano molto le atmosfere di Ottodix. E poi i temi sociali, anzi futuristici… sembra che sia recitata a pieno la didascalia di una nuova new-wave digitale, dove qualche distorsione elettrica fa capolino mescolando il tutto in sapori inevitabilmente shoegaze. E qui la chiusa, “Shiva” è forse il momento più iconico di questo breve ascolto, fresco di pubblicazione. NoIndex emerge come un progetto audace e visionario, capace di intrecciare musica, narrazione e arti visive in un’esperienza immersiva e multisensoriale oltre che, a parer mio vista la non-forma canzone, anche una multidimensionalità della percezione stessa. Lascio girare questo esordio e faccio un passo di qualche centinaio di anni oltre. Siamo nel 3024. Siamo nel futuro, siamo nelle immagini distopiche dell’avvenire. E qui l’idea prende a fuoco (chissà se è una diretta citazione) della pellicola di Kurt Wimmer – “Equilibrium” – del 2002: una società governata da un sistema che ha abolito l’aspetto emotivo e dunque “depersonalizzato” l’individuo ridotto ad automa in una totale atarassia omologante. Ovviamente, come in ogni quadro del genere, esistono i bug del sistema, i Residuali, coloro che sono sfuggiti al programma globale, coloro che mantengono e combatto per le emozioni e per restituire di nuovo umanità agli individui.
Altamente curati in tal senso i due video che troviamo in rete, “Invisibili” prima e “Lacrima” a seguire. In bilico tra elettronica indie, ambient, alternative e art rock, richiamando le atmosfere di artisti come Thom Yorke, Moderat, James Blake e Son Lux, citando a piene mani dalla cartella stampa per darne una fotografia decisamente efficace. Il cuore del suono però, a differenza di ciò che accade dentro queste citazioni, per me resta nel potere evocativo più che nella scrittura melodica che sento debole e assai nebulosa, priva di carattere e riconoscibilità… o forse è proprio voluto questo come elemento portante di una visione appunto “priva di emozioni” che rimarca a pieno il concept che stiamo vivendo. Ecco, in merito a questo il disco vince: vivo a pieno il suo messaggio di atarassia anche in senso musicale e quindi mi sento mancare quel fascino nell’ascolto, dovuto a dinamiche, dovuto a soluzioni melodiche, dovuto a suoni e rivoluzioni non previste… ho difficoltà ha vedere la forma dei brani, il loro carattere, la loro riconoscibilità. Volo a vista dento un universo parallelo, in cui il contrasto tra emotività e disumanizzazione è dunque il vero cuore della narrazione.
E quindi trovo giusto non dare a loro la responsabilità di un suono aderente alle leggi della classica forma canzone. Siamo dentro un suono “non-suono”, dentro una “non-canzone”, dentro “non-luoghi”. Fa da padrone di casa in pompa magna un’elettronica raffinata, molto scura come d’altronde ci si aspetterebbe, fa da padrone un sapore “berlinese” del tutto, sobborghi e industrializzazione massiccia… Siamo 999 anni oltre quello che conosciamo. Ho l’impressione che tutto questo sia una concreta visione del reale.