– di Roberta Staffieri –
“Dentro” è un posto dove ci sono tante persone, nuove conoscenze e vecchie amicizie, che fanno cose, tutta gente che sta bene e che sta male, gira, fa i giri, e ritorna, per ricordati chi eri, chi sei stato, per farti vedere chi sei. “Dentro” è uno spazio per le storie, per i sentimenti, per i vestiti nuovi e per quelli sporchi, dove tutto un po’ si mischia, da dove tutto un po’ parte, da cui tutto poi se ne va, rimane, prende vita, muore, ciao. “Dentro” è un luogo scavato nel terreno dove abbiamo dimenticato qualcosa, un posto che alla fine però non si fa dimenticare. Dannazione.
Così si chiama il quarto album di Gazzelle pubblicato il 19 maggio, “Dentro”, un posto dove Flavio si è lasciato andare e dove lascia andare le cose, una sorta di pozzo non troppo irraggiungibile dove conservare le cose, con una leggerezza addosso che si fa sentire, una consapevolezza diversa, un viaggio a ritroso per uscire fuori, da prima verso il dopo, senza andata e senza ritorno.
“Dentro” è il racconto sciolto e lento di dodici tracce che scavano, per trovare la luce ma anche per rimanere un po’ in penombra, che parla di speranza e di amore, di rotture e ritrovamenti, con le solite immagini evocative tipiche che, vuoi o non vuoi, un po’ il cuore in gola te lo fanno arrivare, perché sono brani nudi e quotidiani, che ti si avvinghiano addosso, che vorresti ascoltare in compagnia, perché il magone da soli è un po’ too much. Ed è per questo che attendiamo con ansia la data all’Olimpico a Roma il 9 giugno, che le prime sei tracce sono state spoilerate prima del tempo, e che alcuni brani sono dei bellissimi featuring.
Amiamo molto il brano con il producer viola thasup, dal sound inconfondibile “Quello che eravamo prima”, una traccia che si lascia ascoltare dopo i primi brani più introspettivi, arriva poi il magico feat con Fulminacci in “Milioni”, una canzone da cantare sugli spalti, «Io non lo so quando perdo la testa e tu resti comunque vicino a me e mi fai stare peggio».
Subito dopo il singolo, “Roma” feat. Noyz Narcos, una romantica sviolinata alla città del casino, alla Capitale dei notturni che non arrivano, al centro turistico mondiale dettato dalle leggi del Grande Raccordo Anulare, la sua città, la nostra, Roma, il posto dove si deposita tutto, la grande cloaca i cui angoli parlano delle nostre storie, e per fortuna la sua moltitudine ci fa sopravvivere ai suoi angoli più bui, che inghiottisce, che un po’ si dimenticano e non si ritrovano più. Lui va anche a Milano ogni tanto, però poi torna sempre a Roma, dove tutto si perde in un secondo e tutto si ritrova in molto meno.
Ancora una volta Flavio riesce a raccontarcela tutta, a spogliarsi di tutto e a consegnarcelo, a portarci nel suo mondo con il linguaggio semplice e le immagini nitide, ad arrivare come pochi sanno fare, nella sua autenticità e chiarezza, al cuore della gente, la stessa che trova e perde sul lungotevere, che lo attraversa sempre. Che lui stia passando un periodo buio, questo non lo sappiamo, lo possiamo supporre, tuttavia se c’è della musica sotto, ben vengano i momenti di crisi.
Che poi cos’è la crisi? Un momento in cui svoltare, in cui riflettere, in cui pulire gli armadi e fare un cambio di stagione un po’ tardivo, perché noi andiamo un po’ col tempo e i cambiamenti climatici, e in realtà può cambiare tutto anche in un momento, ma ci portiamo appresso sempre “Dentro”. Infondo c’è da dirlo che «È la primavera più brutta di sempre», ma ciò che ci può salvare è che «noi non siamo così, non è tempo di essere tristi come Michelino, piange pure se vince e gli batte il cuore, ma non lo capisce», noi non siamo così, come lui, che «se comincia un libro poi non lo finisce, se gli passi un disco te lo sminuisce, se gli spieghi un sogno te lo demolisce, se lo prendi a calci nulla lo ferisce. E dopo un po’ sparisce».
No, lui ricomparirà sempre, perché alla fine ok, vorrebbe morire, ma non gli va, perché c’è sempre anche se scrive «Io non lo so quante volte ho girato di notte perdendomi, però scomparire è più facile che riapparire», e scrive anche “La prima canzone d’amore”, che di amore in questo disco ce n’è tanto.
E poi, Flavio, dai, in fondo tutta questa autonalisi è proprio figa.