– di Michela Moramarco –
Se c’è una dimensione spazio-temporale in cui è possibile provare a conoscere la band bolognese Leatherette è quella live. Ed è nella sera del 20 aprile che Roma ha accolto i cinque musicisti, i quali hanno invaso il palco del Rccb Init di una travolgente energia.
La performance è stata anticipata dall’apertura de Soloperisoci, band un po’ da garage ma sicuramente talentuosa nel coinvolgere il pubblico e nel preparare il terreno di battaglia per i Leatherette. Questi ultimi si presentano visivamente con un approccio scenico sfacciato, dove ciascun componente imbraccia il proprio strumento musicale come un’armatura. Lo scontro-incontro fra atteggiamenti musicali risulta imprevedibile ma soprattutto efficace in un aspetto: il non voler piacere a tutti i costi. Nel presentare i loro brani tratti dall’album “Fiesta” (2022) la band si pone sin da subito con un’attitudine punk e con arrangiamenti sbalorditivi nell’essere incomprensibilmente chiari. I componenti, ciascuno con le sue peculiarità stilistiche, manifestano una certa simbiosi mescolata a complicità, le quali contribuiscono a rendere l’esibizione gradevole e movimentata. Difficile quanto irrilevante poter inscrivere la musica dei Leatherette in un genere: la band non fa jazz, non fa indie, non fa new wave: propone “semplicemente” un po’ di tutto ciò. La contaminazione sonora è palese e variegata, ma si ricollega ad un’indicibile originalità.
Se c’è una dimensione spaziale in cui poter azzardarsi a conoscere i Leatherette è quella in cui il pubblico che riemerge da locale ha un’espressione a metà fra l’ammirazione e lo stupore.
Stupore legato ad un’idea che in uno scenario musicale sempre più omogeneo ci sia quale voce che urla fuori dal coro.