– di Michela Moramarco –
GINEVRA è una delle artiste più interessanti della scena musicale italiana attuale, propone infatti una musica versatile e difficile da categorizzare. Il suo nuovo album “DIAMANTI” contiene varie sfumature di luce e di colori, come una pietra preziosa di dodici facce che riflettono agli occhi o alle orecchie di chi presta loro attenzione. Ne abbiamo parlato con l’artista.
Il tuo nuovo album si intitola “DIAMANTI” che è un titolo che rimanda alla trasparenza ma anche alle sfaccettature. Credi che la tua musica si possa inserire in qualche modo in questo tipo di definizione?
Assolutamente sì, queste sono due delle caratteristiche del disco. Sono contenta che arrivi l’idea di trasparenza, ma si può dire che è anche un disco pieno di colori.
Quando si parla di trasparenza si parla spesso anche di fragilità, le quali inoltre possono essere un punto di forza, per certi versi. Credi che questa affermazione possa essere valida per la tua esperienza artistica?
Sì. A livello testuale e di racconto, le mie canzoni sono state anche un punto di partenza per tirar fuori le mie fragilità, ma anche il mio punto di vista sul mondo. Inoltre, non mi sono mai definita come una cantante “canonica”: non mi sono mai rivista troppo nel cosiddetto “belcanto” o nell’immaginario delle cover. Quindi mi sono riversata sulla scrittura, che è un mondo che mi appartiene maggiormente. Quindi partendo da qualcosa che poteva sembrare “scomodo” all’inizio, è diventata la mia attività.
A proposito di punti di forza e di sfaccettature, credi che la tua musica sia difficile da categorizzare?
Sì, perché la mia musica è ricca di influenze, ma allo stesso tempo credo che il linguaggio che utilizzo non sia distante dal mondo della musica leggera. Lo scoglio più grande forse è la scelta del suono, ma non credo che si tratti di risultati incomprensibili.
A proposito di musica leggera, ti pongo una domanda logistica per certi versi: tu sei a Milano, come vedi l’immaginario legato al concetto di scena in cui c’è una sorta di ideale di “place to be”?
Sicuramente Milano è un polo in cui succedono tante cose ed è più facile incontrare persone che fanno musica. Per la mia esperienza personale, è proprio qui che ho incontrato il mio team. Inoltre, credo che la scena si crei per un’ondata inconscia, quindi, è un immaginario difficile da definire e inquadrare. Milano è un punto di aggregazione molto variegato, questo è indubbio. Qui confluiscono vari mondi.
Tornando al tuo mondo, al tuo album, vorrei concentrarmi su un brano in particolare, che è “Anarchici”, che mi ha colpita per la narrazione della libertà che contiene. Mi diresti qualcosa in più?
Questo brano è nato da subito come una traccia molto solare e dalle tonalità calde. Questi aspetti mi hanno portata a parlare di libertà e del fatto che si possa essere fieri della propria identità. Sono contenta che il brano si sia concretizzato in un messaggio che arriva così forte.
Come descriveresti un tuo live?
Un mio live è sicuramente intimo, cerco una dimensione che mi faccia sentire vicina al mio pubblico. Ritengo poi importante che non ci si aspetti sempre quello che si ascolta dall’album in streaming. Spesso nella dimensione live modifico delle parti, magari svincolando determinate parti dall’elettronica e rendendole più suonate. Nel mio live c’è una formazione completa e quindi posso affermare che si tratta di un live effettivamente suonato.