È uscito giovedì 5 maggio 2022 per Bookabook “Tumorati di Dio”, il romanzo d’esordio di Fabio Paolo Costanza. Un libro che pone un nuovo sguardo sulla scena musicale in Italia, sugli addetti ai lavori, in qualche modo anche sul periodo complicato dovuto al Covid, forse appena concluso. Imprenditore culturale e promoter attivo soprattutto in Lombardia, Fabio Paolo Costanza si svela in questa nuova veste, raccontando la storia di Gabriele, un “tumorato” di Dio.
Un libro che, per il mestiere del protagonista e dell’autore, mischia il mondo musicale con quello letterario, che svela nervi scoperti e forse ci fa sentire piuttosto insicuri, ancora una volta, sul mondo musicale post-Covid.
Ecco cosa ci ha raccontato l’autore!
Cosa ti ha portato dalla produzione di eventi a questo romanzo d’esordio? E quanto assomigli effettivamente al protagonista?
La necessità di raccontare una storia, quella di Gabriele, che sfortunatamente non mi somiglia per niente. E’ un personaggio fragile ma nello stesso tempo ironico e forse anche un po’ cinico, quindi forte e consapevole. Forse gli assomiglio solo dal punto di vista dell’indagine introspettiva: è un uomo che tenta di scavare molto all’interno del proprio mondo e in quello degli altri, ricavandone dolore e stupore.
Il Covid è arrivato in qualche modo come una malattia per gli addetti ai lavori del settore dello spettacolo? Com’è stato per te?
Sì, è una malattia che ha sconvolto il mondo dello spettacolo e che credo che lascerà cicatrici durature per molto tempo ancora. Oltre ai corpi dei più fragili ha fatto male al corpo sociale tutto, che oggi ha più paure e ancora meno voglia di riti comunitari, tra cui annovero concerti e spettacoli. Per me sono stati due anni frustranti perché il mio è il settore che probabilmente ha risentito di più di limitazioni normative a volte assurde, ma sono stato fisicamente bene, quindi non posso lamentarmi.
In che senso viviamo in una società che nega il dolore?
Viviamo in una società di performers: ognuno di noi è chiamato quotidianamente a esibire e/o esibirsi, quindi a performare, sui social media e nel mondo professionale. Ovviamente la performance è per sua natura un atto di finzione dove il soggetto non può che mostrare i propri tratti migliori (reali, presunti o desiderati). E ovviamente il dolore, la morte, che pure sono parte sostanziale della vita, non possono far parte di tutto questo.
E adesso cosa accadrà nel tuo percorso da autore?
Non ne ho la più pallida idea: al momento sto pensando al soggetto di una nuova storia, del tutto diversa.