– di Assunta Urbano –
A distanza di più di dieci anni dal loro esordio, Cecco e Cipo sono rimasti coerenti a loro stessi. Non hanno perso l’ironia che ci ha permesso di apprezzarli e ricordarli con il trascorrere del tempo. Ma qualcosa è cambiato, come è normale che sia.
Il primo incontro con il duo è stato per molti quello del 2014, nell’ottava edizione di X Factor, in cui hanno raccontato un amore un po’ strano, quello di “Vacca Boia”. Impossibile non volere bene a queste teste calde.
Cecco e Cipo, alias Simone Ceccanti e Fabio Cipollini, appaiono un po’ come due menestrelli toscani. Hanno calcato diversi palchi lungo tutta la Penisola. Hanno portato a spasso il loro storytelling unico e alcuni pezzi dei loro quattro album, ovvero “Roba da maiali” (2011), “Lo gnomo e lo gnù” (2014), “Flop” (2016) e “Straordinario” (2019).
Il 21 gennaio del 2022, la band propone al pubblico il quinto lavoro discografico “Con permesso”, pubblicato per BlackCandy Produzioni. Conservando la distintiva nota di sarcasmo, questa volta i ragazzacci tornano con la voglia di “fare sul serio” e affermano: «vogliamo essere degli assurdi professionisti».
Ce l’avranno fatta i nostri eroi?
“CON PERMESSO”
Il quinto lavoro in studio di Cecco e Cipo nasce nel pieno del primo lockdown. I due si sono sentiti stimolati dal lato artistico in un periodo complesso per il panorama musicale – e non – e hanno dato vita a dieci brani, racchiusi in “Con permesso”.
L’album si apre con la domanda indiretta “Che fine ho fatto”. Una sorta di intro, una sintesi e un insieme di quesiti a cui probabilmente i due si sono ritrovati a rispondere spesso. «Suoni ancora?» e «Chi è Cecco e chi è Cipo?». Tanto per citare alcuni esempi.
È l’amore il tema portante delle canzoni, ma in ogni traccia il destinatario è diverso. In “Meteora ‘98” e in “Tieni il passo con l’amore” ci si rivolge a una persona speciale. Si parla di perdersi, ritrovarsi e si spera di rivedersi.
C’è spazio per raccontare il rapporto con la natura e la specie animale, in “Il comportamento degli esseri umani”. Un confronto tra vite incapaci di coesistere, narrate con allegria “ingiustificata”. Il tutto con in sottofondo un coro in lingua swahili che canta «sote tutakufa», la cui traduzione è ottimista: «moriremo tutti».
«Qui non va bene niente perché siamo tutti scemi» è forse il filo conduttore tra il percorso musicale precedente di Cecco e Cipo e il presente. E ancor di più lo sono l’indecisione e la follia danzereccia del pezzo conclusivo “Crudo e zabaione”.
CECCO E CIPO SI PRENDONO SUL SERIO
Cecco e Cipo non sono cambiati, è diverso ciò che li circonda. Se dieci anni fa parlavano ai ventenni, oggi si rivolgono a un generazione diversa, più adulta, perché ovviamente i primi a essere cresciuti sono proprio loro due.
Non hanno perso il loro modo di guardare la realtà, ma stavolta la descrivono senza parole troppo colorite. È inevitabile non notare che stiamo parlando di artisti maturati nel corso degli anni. Sono più consapevoli di ciò che sono in grado di portare in studio e su un palco.
Il disco “Con permesso” si appresta a un ascolto leggero, piacevole. Il loro pop è spensierato e fatto bene. Ma il tempo di scherzare in un certo senso è terminato ed è arrivato il momento di prendersi sul serio. Ne “I due eschimesi dell’isola di Baffin” chiedono indirettamente a un ignoto interlocutore: «aiutami a capire dove voglio andare».
Ma i due, dove vogliono andare, lo sanno benissimo. Infatti, hanno un’unica ed esplicita pretesa:
«abbiamo voglia di farci capire, di arrivare a chi non siamo mai arrivati,
di suonare dove non abbiamo mai suonato».
“Con permesso” è quel giorno in cui ti svegli e inizi a notare i capelli bianchi. Il tempo libero quasi inesistente e le responsabilità che ti rincorrono e ti afferrano immediatamente perché la tua forma fisica non è delle migliori. Non hai più diciotto anni, ma chi ha detto che deve necessariamente essere tremendo?