– di Martina Rossato –
Che i Måneskin siano un fenomeno mondiale è ormai un dato di fatto. Lo dicono le classifiche, lo dice il fatto che tutti parlano di loro o ne hanno sentito parlare almeno una volta. Quanto tutto questo successo sia o meno meritato, è un’altra questione.
I Måneskin sono una band che non ha bisogno di presentazioni. Li seguo ormai dal 2018, quando “Torna a casa” era diventato un singolo virale, ma non li ho mai davvero ascoltati. Non che abbia mai pensato che la loro fosse brutta musica, anzi. Semplicemente, ero convinta non mi rappresentassero, né che mai lo avrebbero fatto. Ho passato quindi gli ultimi mesi a cercare di capire cosa ci fosse in loro che potesse avere così tanta eco sulla gente, visto l’enorme successo riscosso nell’ultimo periodo.
Questo fino a quando non mi sono ritrovata ad aprire Spotify e cercare “maneskin coraline” e simili. Cosa mi è successo? Perché tutto d’un tratto mi sono ritrovata a sapere a memoria le loro canzoni?
Partendo dalla mia esperienza di neo-ascoltatrice, ho cercato di andare più a fondo, per capire cosa stia dietro al successo del quartetto romano e come abbiano fatto a conquistare anche il mio scetticissimo orecchio.
Perché la musica diventi virale, deve per prima cosa parlare la stessa lingua di chi la ascolta. I Måneskin sono quattro ragazzi di vent’anni – come chi scrive – capaci di far arrivare la loro musica a un pubblico vastissimo; possono piacere alla mia generazione come a quella di mia madre, sono un gruppo capace di proporsi come punto di contatto tra persone anche molto diverse tra loro, forse grazie al loro linguaggio energico, allo stile che rimanda ai mitici anni ’70 e alla loro sensualità che, ammettiamolo, non è da tutti.
Al di là del loro innegabile talento musicale – prerogativa tra l’altro sempre meno richiesta, visto che al giorno d’oggi spesso ha più successo chi è capace di vendersi meglio e non chi di talento ne ha davvero – e scenico, non si può dire che le loro canzoni siano migliori di quelle di tanti altri. Non si può nemmeno dire che i loro pezzi siano originali: nella maggior parte dei casi si tratta di brani rock dal sapore già sentito. Ma è davvero necessario introdurre delle novità? Forse no. Forse è più importante il come si fa del cosa si fa.
Si potrebbe parlare a lungo di cosa significhi “essere rock” per dei ventenni nel 2021, ma i Måneskin prima ancora di “essere rock”, sono se stessi. Pensiamo al loro look, al loro essere “trasgressivi”, basta dare un’occhiata ai loro profili social per capire che cosa intendo. Si fanno portavoce di una generazione, con i suoi crucci e le sue battaglie, con l’abilità di far comprendere il loro modo di essere anche da chi a questa generazione non appartiene.
Veniamo ora al loro ultimo singolo. “MAMMAMIA”, uscito l’8 ottobre, ha tutta l’aria di essere una canzone sentita e risentita. A partire dalla base strumentale, molto simile a “I Wanna Be Your Slave” dello stesso gruppo (tra l’altro in precedenza già accusata di plagio, ma non entriamo nel merito). Niente di nuovo, insomma. Se poi il successo del gruppo romano non è certamente da attribuirsi ai testi, mai particolarmente brillanti e innovativi, in questo ultimo singolo l’appiattimento arriva ai massimi livelli. In stile molto “måneskiniano”, “MAMMAMIA” non manca di riferimenti alla sfera sessuale, tanto che verrebbe da chiedersi tolti questi cosa ne rimarrebbe della canzone.
Il brano è accompagnato da un videoclip uscito oggi, che vede Victoria, Thomas, Damiano ed Ethan intenti in un viaggio in auto. Il video, condito con un pizzico di autoironia, non manca di riferimenti al mondo LGBTQ+, di cui il gruppo si è già fatto portavoce in passato.
Come è stato detto in conferenza stampa, “MAMMAMIA” nasce di getto come risposta alle accuse che erano state rivolte al frontman dopo l’Eurovision. Infatti, dopo l’esibizione al festival, Damiano era stato accusato di aver fatto uso di droghe.
«They wanna arrest me, but I was just having fun. I swear that I’m not drunk, and I’m not taking drugs. They ask me why I’m so hot, ‘cause I’m Italiano»
“MAMMAMIA” è in effetti, fin dal titolo, un brano molto “italiano”. Cosa c’è di più italiano dell’espressione “mamma mia”, riconosciuta ovunque e spesso usata proprio come stereotipo dell’italiano medio, magari accompagnata da un vivace gesticolare? E in effetti, un altro grande merito da attribuire ai Måneskin è l’essere riusciti a portare un po’ di “italianità” fuori dai nostri confini, scalando le classifiche a livello mondiale. Il successo all’Eurovision, il tour europeo, i numerosissimi fan, i commenti sotto ai loro post e ai loro video, le cover proveniente da ogni dove lo dimostrano.
In un mondo in cui conta sempre più l’apparenza, i Måneskin riescono ad elevarsi dalla mediocrità e a utilizzare con intelligenza oltre che il loro talento, il loro aspetto, facendone un punto di forza e utilizzandolo come mezzo di dialogo con un pubblico più vasto di quello che potrebbe essere normalmente interessato alla “nuova musica”.