Ci lasciamo trasportare da un cocktail micidiale fatto di due ingredienti importanti: da una parte quella sensibilità femminile che si fa sottile bellezza nella chiusa delle melodia così come si rende anche delicatezza dentro ogni dettaglio piccolo. E poi quel sapore lo-fi, vintage, retrò che dir si voglia. Insomma ogni cosa al suo posto per Nebüla capace quindi di sfornare un primo disco personale dal titolo “Supernovae”. E dai limiti di provincia fin dentro le visioni altre di questa vita… una rinascita, nonostante questo periodo apocalittico.
Partiamo da questo moniker. Se all’impatto ci viene da pensare alla “nebulosa”, visto anche il titolo del disco, il suo vero significato qual è?
Rappresenta il mio stato mentale odierno, qualcosa che sta cambiando e la formazione di qualcosa di nuovo.
Una scrittura d’autore che però si macchia e sembra cercare organze rock…vero?
Io direi che il rock non macchia mai, anzi in un epoca di loop elettronici un po di strumenti musicali non guastano.
Le piccole cose di un posto piccolo come Strudà in che modo ha contaminato questo lavoro?
Sicuramente nel mio ritorno al sound post rock e a tratti new wave, dato che i ragazzi di Strudà si nutrono di generi passati. Poi sicuramente l’atmosfera.
Che poi durante l’ascolto sono tantissimi i “fuori pista”, le varianze, le alternative che dai ai suoni e alla forma… o sbaglio?
No, non sbagli. Cerco di dare ad ogni brano diverse facce legate comunque da un sound unificatore.
Approdi a questo lavoro solista… ne avevi bisogno o è una conseguenza delle tante ristrutturazioni delle “risorse umane”?
É stata un’esigenza mia perché con l’altro progetto che ho di musica elettronica facciamo cose completamente differenti.