Eccoci all’ascolto del nuovo disco del duo difforme dal contesto e dalle mode. Sergio Tentella e Daniele Sciolla, ovvero gli Elephantides, muovono dentro bit non predicibili a priori quel che è una melodie digitale, suonata e programmata, dentro brani strumentali che cercano la rottura e la conferma. “Floating Tempo” custodisce dentro le sue tracce, anarchicamente composte dentro i margini del tempo matematico, scelto e suonato, la famosa citazione di Einstein che poi è una degna filosofia di vita per i tempi che corrono e non solo: “The world as we see it”. In fondo ogni cosa è come la guardiamo ma anche come siamo disposti ad ascoltarla. Per questo, l’esperienza e l’immersione dentro l’ascolto di “Floating Tempo” è personale, è individuale, meramente soggettiva. Ascolto socialmente utile dunque per mettere in discussione i nostri margini, il nostro rigore di tempo e di vita, laddove col suono ci diamo la possibilità di andare oltre. E questo solo leggendo tra le righe di questo nuovo disco degli Elephantides…
Partiamo da un disco che non cerca la struttura ma anzi cerca il suo contrario. Dunque niente di “fischiettabile” ma, al contrario, tutto di poco prevedibile. Perché?
Hai pienamente ragione: quando ci siamo messi a lavorare a questo disco in effetti le strutture convenzionali e le melodie da fischiettare non sono state le nostre priorità.
Entrambi abbiamo possibilità di lavorare a pezzi più pop in altri contesti. Questo progetto l’abbiamo dedicato a descrivere “THE WORLD AS WE SEE IT”, cioè il nostro modo di vedere il mondo: la percezione del tempo, l’incontro tra tempi diversi, la convivenza di realtà diverse come le poliritmie e la loro interpretazione.
Il tempo che regge la struttura viene spesso alterato ma tutto è condotto per vie digitali o sbaglio? Quanto la tecnologia vi ha aiutato e quanto ha determinato il risultato?
In realtà tutto nasce da improvvisazioni spontanee: suoniamo insieme e catturiamo idee in ore di registrazioni.
Le alterazioni nel tempo arrivano da lì, sono già presenti.
Poi in un secondo momento dobbiamo strutturare il tutto e portarlo nel digitale. Solo allora il tempo viene scritto e descritto.
Riuscire a incasellare tutto nei software non è così spontaneo, anzi è decisamente macchinoso, ma necessario per far interagire le macchine con quello che abbiamo registrato.
Avete mai pensato di suonare oggetti quotidiani e non solo strumenti (spesso digitali) per destrutturare le attese?
Al momento oggetti di vita quotidiana in quanto tali non li abbiamo ancora presi in considerazione.
Per questo disco siamo rimasti su strumenti più ortodossi nella produzione: batteria acustica nuda e cruda a synth e drum machine analogici.
Nelle nuove tracce invece stiamo lavorando molto con strumenti alternativi: tecniche di lavorazione sperimentali sulle campionature dei synth e oggetti particolari nella batteria, ma siamo agli inizi.
Compositori come Matthew Herbert, che ha scritto tracce con campionature di polli e cappuccini o Max Casacci con Glasstress, che è partito da suoni raccolti in una fornace di Murano, ci hanno sempre stupito e interessato. L’argomento ci piace ma per ora non è nel nostro calendar.
Cercando di capire più a fondo “Floating Tempo”, se vi dicessi che ci ho letto dentro una denuncia sociale? In fondo siamo tutti altamente impacchettati, strutturati, non siamo più capaci di uscire dai recinti pre-confezionati…
Intanto grazie, lo prendiamo come un complimento.
In realtà la nostra non è una critica verso qualcosa, ma più un sintomo del nostro cercare nuove forme, sperimentare, cercare di tracciare la prima linea sugli spazi vergini.
Poi chiaramente concordiamo sul fatto che oggi quello che sta nelle top playlist spotify possa essere molto preconfezionato e ripetitivo, ma non è tra le “cause” di “Floating Tempo”.
Interessante il video che inevitabilmente ci rimanda a tante cose conosciute della scena elettronica anni ’90. Da cosa attinge veramente questa idea?
In “Floating Tempo” i video si sono evoluti step by step, partendo da semplice performance live, fino ad arrivare a performance live sperimentali e ricostruite digitalmente.
Abbiamo iniziato con nostre riprese dal vivo nel primo video THE, ma già per il secondo ci stavamo annoiando durante il montaggio, così abbiamo inserito linee tra le due postazioni e raddoppiato alcune immagini.
Nel terzo il discorso è stato simile: per fuggire alla noia abbiamo iniziato a mescolare le nostre due figure, mettendo la faccia di uno sul corpo dell’altro e le diverse espressioni ci hanno divertito molto.
Così in SEE abbiamo estremizzato il concetto, smontando del tutto le nostre figure e ricomponendo un musicista con le singole parti.
A chiudere: dopo questa uscita, cosa possiamo attenderci di altro dalla ricerca e dalla destrutturazione degli Elephantides?
Non sappiamo nemmeno noi cosa aspettarci al momento, di sicuro abbiamo voglia di proseguire il concept di “Floating Tempo” mantenendo il tema fondamentale di questo progetto: i cambi metrici, le sovrapposizioni ritmiche e le poliritmie.