Protesta, denuncia, realtà, “strilli” di un quotidiano di giornale… anzi lui li chiama “Tilt”. Torna la bellissima scrittura di Pino Marino, torna con un bellissimo disco che proprio a questi tilt deve l’ispirazione, il titolo, pubblicato da O’Disc / Pineta Produzioni, edizioni Tappò. Canzoni di una parola raffinata e tagliente, che ospita anche anime alte come quelle di Ginevra Di Marco e Tosca per duetti (anzi per solenni interpretazioni come nel secondo caso) che oserei definire “definitivi”. E poi i “tilt” finali, ultima traccia sonorizzata dall’elettronica di Fernando Pantini e Fabrizio Fratepietro con l’interpretazione magistrale di Vinicio Marchioni che dedica anima e voce alle frasi più importanti di queste 9 nuove canzoni. “Tilt” è un disco che fa male, picchia forte sulle coscienze di ognuno di noi, senza chiedere scusa e permesso, senza preoccuparsi di disturbare. Un disco terapeutico, soprattutto in questo periodo di paradossi e apocalissi. Su tutto questo nuovo suono di Pino Marino svetta la copertina da guardare con molta attenzione: una fotografia dal titolo “L’ora del bagnetto, Gaza”, scattata da Emad Nassar nel 2015 e vincitrice del Sharjah Award in Medio Oriente. Punto e a capo.
Che bel manifesto sociale questo disco. Non trovi che sia così? Dopo averlo riascoltato che cosa hai pensato?
Si, trovo sia così. Un manifesto sociale, un manifesto umano, che qualcuno in questi giorni ha anche chiamato: biografia collettiva. Però quello che penso io in questo momento conta poco, tutto quello che potevo e dovevo pensare, l’ho fatto dal primo giorno di scrittura fino all’ultimo di missaggio. Ora conta solo quello che pensa chi lo ascolta e non ti nascondo, che a tale proposito, con grande piacere ho letto le prime sei parole di questa tua prima domanda. Grazie.
La nostra “Roma Bella”… ma secondo te “quant’è che dura tutto quel che ci mettiamo dentro ogni giorno”?
Non importa quanto, ma cosa e come. “Quanto” durerà è una curiosità lecita, “cosa e come” sono due responsabilità dirette quanto necessarie. E il “come” è opportuno abbia una natura lenta, di ambizione durevole, attenta e generosa, anche se poi vale meno di quello che avremmo voluto. È molto più alto il valore di quello che siamo realmente di quanto lo sia quello espresso da ciò che vorremmo essere o dimostrare di essere. È un po’ come la differenza che passa fra l’amore e il possesso, il confine è labile, ma la differenza è vitale.
E a proposito di questa splendida canzone, perché la scelta di affidarla totalmente a Tosca più che condividere con lei una strada assieme, come fatto con Ginevra Di Marco su “Maddalena”?
Perché nella canzone scritta per Tosca non ho avuto la necessità di apparire, se non suonando il pianoforte e fischiando intorno alla sua interpretazione. Ho voluto che il patto al femminile, fra donne, espresso fra Tosca e la sua città, non avesse intermediari o parti altre in scena. Solo in questo modo la loro storia diventa forte al punto da riuscire a riscrivere il finale di una storia già scritta (in questo caso pucciniana).
Diverso il discorso per il brano con Ginevra Di Marco, perché in questo caso la mia presenza ha la funzione riservata ad un narratore che riassume il contesto, mentre lei si occupa direttamente di argomentare le sue verità.
Davvero pensi che sia un momento storico fatto di tanti “Tilt”? Siamo come i flipper spostati dall’equilibrio o c’è una qualche speranza? Che bella parola…
Speranza è una bellissima parola, ma non esiste dove esistono solo responsabilità dirette. Il Tilt sociale che stiamo attraversando è discendente diretto di un modello che ne è stato la causa. L’impoverimento culturale, la debilitazione dell’istruzione, il misero ribasso dell’informazione e la totale mancanza di comprensione del diverso da sé che procura solo intolleranza, non sono questioni casuali e/o imprevedibili per cui sia il caso di sperare pàssino. Tutte quelle elencate, sono forme raggiunte con responsabilità collettiva, quindi occorre volere, comprendere, scegliere e curare, non sperare che qualcuno lo faccia per noi o che passino da sole come raffreddori o influenze stagionali. E visto che parliamo di Flipper, aggiungo che dovremmo imparare solo a rispettarlo, perché qualcuno prima di noi lo ha usato e altri continueranno ad usarlo dopo. A noi spetta la cura del Flipper e non stare lì ostinatamente a giocare partite individuali da vincere ad ogni costo (anche barando e quindi arrivando ad un nuovo e reiterato Tilt).
Bellissima l’idea di radunare i “tilt” di questo disco nella traccia finale. A questo punto c’è da chiedersi: che sia nata prima questa canzone?
No, la materia di cui è composta la decima traccia (quella che chiude l’album) è della stessa materia con cui sono state costruite le 9 canzoni che la precedono. Ho raccolto tutti i punti che in ogni canzone hanno generato un Tilt e li ho ricomposti scomponendoli a generare un nuovo testo di senso compiuto. A Vinicio Marchioni e alla sua capacità narrativa, ho poi affidato il raggiungimento di questa intenzione.
La copertina di questo disco parla più di tutti i suoni che hai inciso sopra. Raccontaci qualcosa di lei, quel che più hai a cuore.
Lo scatto che Emad Nasar mi ha concesso perché diventasse la copertina dell’Album, mi ha lasciato stupefatto e incapace di comprendere se fosse più forte la devastazione circostante (quindi il Tilt) oppure più prepotente la forza vitale contenuta al centro esatto del disastro (quindi la Rinascita e la nuova via). La foto è stata scatta a in un quartiere di Gaza nel 2015, l’ho conservata fra le cose importanti da guardare e riguardare di tanto in tanto, fino a quando ho capito che lei da sola era in grado di rappresentare tutto il mio lavoro nato intorno al Tilt umano e alla sua poetica di rinascita.