Epicamente rock, lì dove si sono anche riff ben costruiti dentro cliché pop da main stream italiano. O almeno quello che era il main stream del pop-rock dei tardi anni ’90. Ci trasferiamo nel bolognese per questo esordio romanticamente intitolato “Lì dove ci sono le stelle” uscito per NUtone Lab: sono i Boavista che in questo disco spingono sull’acceleratore della tradizione del suono ferroso italiano, tra elettronica e muri distorti, tra vita quotidiana, rivalsa e rabbia sociale. Quell’inseguire i sogni, prima di tutto. Dischi che fanno delle radici classiche un buon motivo di futuro.
Parlando di scena indie qualcuno dice che il pop rock è morto e sepolto. Cosa gli rispondiamo dopo aver ascoltato questo disco?
Di riascoltarlo a volume più alto. Scherzi a parte il Pop-Rock è vivo e vegeto, è che da qualche anno in Italia si parla tanto di talent e la stereotipia di genere sembra aver appiattito un po’ tutto e il pop rock sembra sparito. Ma non è così la scena Indie fortunatamente è piena di pop rock e NOI ci siamo.
Venite da una scena, quella bolognese, fortemente dedita ad una certa canzone d’autore. Da dove invece avete preso derive decisamente nazional popolari?
La nostra musica è il nostro modo di pensare e di vedere le cose, con il tempo e le esperienze è cambiata ma di base c’è sempre il nostro pensiero e quello che cerchiamo di dire. Parliamo d’amore e l’amore è una Canzone d’autore nazional popolare.
Che poi in brani come “Vedrai” ci trovo anche quella psichedelia che mi ricorda un certo momento dei Floyd… scomodando grandi visioni s’intenda.
Beh, grazie solo per averlo pensato. In altri pezzi abbiamo usato queste influenze un po’ psichedeliche, ma non scomodiamo mostri sacri…
Pop americano e inglese con venature rock di tanto altro. Ma in particolare: i Boavista sono più inglesi o americani?
Ti direi americani ma mi smentirei al primo giro di accordi. C’è sempre un punto di partenza quando iniziamo a scrivere e poi c’è un punto d’arrivo dove si incontra tutto. Siamo la contaminazione di quello cha abbiamo ascoltato in una vita di musica.
Elettronica. Come vi rapportate a questi suoni e questo certo modo di pensare alla musica? Visto che dalla vostra esiste ancora il suono suonato…
Con curiosità, ascoltiamo tanto e abbiamo voglia di sperimentare e miscelare suoni. Grazie all’elettronica ad oggi si può fare tanto e il risultato ci piace. La parte più Rock è legata alla band al sound che abbiamo costruito, essere trasversali non è una scelta ma una esigenza.
Questo momento di distanze è la ragione per cui manca un nuovo video?
Pensavamo di avere più tempo, ma abbiamo sottovalutato il momento, è stato così per “Il mondo che vorrei” avevamo tutto pronto ma poi c’è stato il primo lockdown. Ma ci sarà molto presto un nuovo video.